LE VOCI DELLA CITTÀ

di Pino Bartoli

Ncopp’ e monache lo scorrere dell’estate era scandito dalle grida delle contadine. Iniziava a giugno quella che vendeva ‘e  cevize. Veniva con la roagna in testa, si fermava proprio all’angolo di vicolo Conservatorio, appoggiava la cesta sui pretuni che stavano all’angolo del convento (è possibile vederli usati come sedile da una giovane mamma nella sezione famiglie), e vendeva i gelsi bianchi che serviva sulle foglie di fico che pure stavano nella cesta. L’estate piena invece aveva il sapore e il profumo delle pollanchelle,  le spighe bollite. La contadina le portava in una pentola di rame annerita dal fuoco e, per venderle calde, le trasportava con tutta l’acqua della cottura. Il sale non lo dava, dovevi correre a casa con la spiga calda in mano per salarla.


 

L’ultimo grido, quello che oramai annunciava l’autunno prossimo venturo era quaglietelle…..,  quaglieteeeeee”,   le noci fresche. Il gheriglio faceva capolino tra il guscio e il mallo che ancora lo rivestiva e il suo candore  risaltava a confronto del nero delle dita della contadina che le vendeva ed era lo stesso


nero che di lì a un po’ avrebbe ricoperto le tue dita, utilizzate per liberarlo del tutto e anche per togliere la pellicina amara che lo ricopriva.


 Era fondamentale eliminarla completamente. Masticarne una piccola quantità significava rovinarsi la bocca, perdere il tempo perso per pulirlo e rinunciare al sapore delicatissimo della noce fresca.

Quello che invece si sentiva per tutta l’estate era il fischio ‘e Vicenzo ‘o gelataro.


Veniva ‘a vascia a porta con la sua carretta-frigo. Al vano dove teneva i quattro gusti (limone, fragola, crema e cioccolato)  accedeva sollevando i coperchi di alluminio a forma di pan di zucchero. Sul davanti del carretto si trovava una cassetta dove erano riposti i conetti. Il gelato costava o 10 o 20 lire.


 Vicienzo, nativo di Castellamare di Stabia,  si era trasferito ad Avellino agli inizi degli anni 40. C’è una vecchia cartolina che lo ritrae a via Mancini, dietro la vecchia caserma dei carabinieri con il suo esercizio subito dopo aver servito un paio di clienti.  Probabilmente stava andando a via Campane,  alla fabbrica del ghiaccio, per  approvvigionare la sua carretta.  Sullo sfondo il caffè Lanzara, che pure vendeva gelati,  con il suo dehors affollatissimo, contrasta con la sua stabile solidità con la mobilità   del …. negozio di Vicienzo.  Gioacchino, il figlio, proprietario anima e maestro gelataio di una delle migliori gelaterie di Avellino, mi racconta che dopo la carretta il padre comprò una Donizelli, e cioè una triciclo a pedale per il trasporto delle merci, con il cassone a forma di barca, da don Giacinto DE SANTO, pagandola a rate, 300 lire al mese e, quando gli ho chiesto cosa facesse il padre durante l’inverno mi ha risposto: “ S’ arrangiava” .

Quanta gente si arrangiava ad Avellino

S’arrangiava Pipulillo ‘o stagnaro,… Nicola ‘o scauzone, …….Saverio ‘o zelluso,……… Rosina ‘a cevozara, ………… Mullicone, ……………       i sementari………………... ‘o Topolino…………………………...