Dalla Chiesa dell’Annunziata alla chiesa di Maria SS. della Vittoria o del SS. Rosario

di

 

Gerardo Pescatore

 

                             

 

 

   Nel “Largo”, sulle rovine di un antico ospedale eretto nel 1502 dal benefattore Modestino Rosata, nell’angolo nord-orientale, lungo il Viale dei Pioppi, Maria de Cardona, moglie di Francesco d’Este e nuora di Lucrezia Borgia, contessa di Avellino  dal 1513 al 1563, assecondando il suo spirito religioso e il mecenatismo della sua famiglia, decise di far sorgere un Monastero da affidare ai Padri dell’Ordine dei Predicatori.

   La nobildonna italo-spagnola, dedita a opere di pietà, affidò la realizzazione del progetto verso il 1534 al frate Federico da Montemurro, che fece costruire, annessa alla nuova struttura, comprendente anche un Monte di maritaggio, una chiesa, dedicata alla SS. ma Vergine Annunziata, che ben presto diede il nome alla zona. Anche i principi Caracciolo, signori di Avellino, contribuirono a ristrutturare e ad ampliare chiesa e convento per iniziativa e a spese del munifico principe Camillo II.

 

 

 

 

   D. Lesa Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII e moglie di Marino II Caracciolo, fece eseguire la facciata da stuccatori certamente provetti, considerando l’ottimo disegno e lo scelto intaglio, e la cappella nobile del Rosario (perciò fu anche detta del Rosario).

   Mons. Pierbenedetti nella sua Relazione del 1630 dopo la visita apostolica nella diocesi di Avellino scrive che la chiesa era a tre navate, di cui solo la centrale aveva la soffittatura affrescata. Era dotata di due confessionali, di una acquasantiera posta su una colonna marmorea e di una campana sospesa sotto il tetto, non essendoci ancora il campanile. Gli altari principali erano l’altare maggiore e quello del SS.mo Rosario a dx. dell’altare maggiore, dove era venerata l’immagine della Vergine del Rosario. Il pavimento era maiolicato a vivaci colori.[1] 

   Altre notizie sulla Chiesa dell’Annunziata vengono fornite da Giovanni Gionfrida sul Corriere dell’Irpinia.[2]

   Era  una chiesa piuttosto ampia, a tre navate con vari pregevoli altari in marmo. Nell’abside si venerava il gruppo statuario della Madonna con San Domenico e S. Caterina, ma accolse anche altre devozioni come quelle di S. Vincenzo Ferreri e S. Francesco da Paola, le cui stupende statue in legno ora si conservano nella nuova chiesa parrocchiale del Rosario (a lato del fonte battesimale) e nella chiesa dell’orfanotro- fio del Carmine.

   Alcuni quadri ornavano la chiesa, tra cui un S. Domenico, effigiato tra le allegorie della Fede, della Speranza e della Carità: nell’angolo a sinistra, era raffigurato un principe, forse Marino II, committente del dipinto. Il quadro è stato attribuito al Ribera” (Zigarelli) o allo Spagnoletto, mentre per Muscetta è opera di un “ignoto secentista arcaicizzante”. Era fornita anche di un discreto organo e di un campanile, dal quale squillava una campana di circa 5 quintali –aes Virgini ab Angelo salutatae dicatum-, che, quando nel terremoto del 1851  crollò il campanile, fu trasportata al Duomo e installata nella torre campanaria.

   L’interno si arricchì di numerose cappelle delle famiglie aristocratiche e facoltose, Offieri, Miroballi, Imbimbo, Festa, Spadafora, ma la più importante fu la cappella della Madonna del Rosario, che i monaci diedero in concessione alla Confraternita laicale.

   Il convento accolse un buon gruppo di dotti frati, come Ludovico Fiorillo, ora venerabile, amico personale e consigliere di S. Alfonso dei Liguori.  

 

 

   Verso il XVIII secolo i Caracciolo intesero spostare il centro d’interesse della città da Piazza Centrale verso il Largodell’Annunziata, dove nel 1709 la  principessa Antonia Spinola avviò la costruzione della nuova fastosa residenza di famiglia, il Palazzo del Principe, collegandolo con una galleria alla chiesa per poter assistere alle funzioni religiose. Altri lavori al convento e alla chiesa (navata, altare maggiore, soffitti laterali, stucchi e pitture) furono eseguiti nel 1726 a causa del crollo improvviso di buona parte della chiesa, che nell’occa- sione fu dotata anche del campanile.

 

 

 

   Qui fu sepolto il corpo del Servo di Dio, il predicatore Ludovico Fiorillo (1670-1737), traslato 15 anni dopo la tumulazione da un luogo inadatto presso l’altare di S. Domenico per volontà e munificenza del principe Marino Francesco Maria Caracciolo e della principessa Maria Antonia Carafa, come era scritto sulla lapide:

CORPUS/ SERVI DEI/ P.F. LUDOVICI FIORILLO/ PRAEDICATOR. FAMILIAE/ QUINTO DORMITIONIS LUSTRO/ AB ILL.MO REV.DMO DOMINO/ BENEDICTO LATILLA/ EPISCOPO ABELLINENSI/ RECOGNITUM/ HUC AB IMO MADIDIORI LOCO/ PENES S. PATRIS ARAM/ TRANSLATUM/ MUNIFICENTIA PIETATE/ EXCELLENTISSIMORUM / MARINI FRANCISCI MARIAE CARACCIOLO/ ET/ MARIAE ANTONIAE CARAFA/ ABELLINI PRINCIPUM/ XXVIII JUNII MDCCLIX.

 

   Nel Decennio Francese Avellino, elevata a capoluogo della Provincia di P.U. al posto di Montefusco (8 agosto 1806), si trasformò in quanto dovette attrezzarsi per accogliere gli uffici per adempiere le nuove funzioni amministrative.  Con la soppressione degli ordini monastici e l’abolizione della feudalità, anche il tessuto socio-politico e religioso della città mutò.

   Il convento domenicano con la chiesa del Rosario fu destinato ad insediarvi gli uffici dell’Intendenza, che inizialmente trovarono posto nel palazzo vescovile. La Chiesa fu concessa prima alla confraternita del SS. Rosario, poi passò in proprietà del Comune, ma vi rimase lì come rettore e come padre spirituale dell’annessa confraternita del Rosario uno degli espulsi padri, a cui successe il padre avellinese Vincenzo Mastantuoni.

   I domenicani vi rimasero fino al 1828, quando abbandonarono il convento, dopo la ristrutturazione effettuata dall’ingegnere Luigi Oberty, dirigente del Corpo Ponti e strade del Principato Ultra, e la trasformazione in sede della Prefettura con l’aggiunta di un secondo piano.

   La chiesa del Rosario diventò nel 1829 una delle tre parrocchie citta-

dine, sostituendo quella della SS. Trinità.

 

 

   Comunque l’aspetto della più grande piazza avellinese, che, dopo i moti costituzionali del 1820 di de Concilj e Pepe prese il nome di Piazza della Libertà, nell’800 era ancora simile a quello tramandato dal celebre quadro di Cesare Uva (1824-1886).

 

 

 

   Però già dopo la metà dell’Ottocento cominciarono a levarsi tra gli amministratori comunali e gli intellettuali (come Serafino Pionati, Alfonso Carpentieri, il sindaco Trevisani) voci favorevoli a una demolizione della chiesa  per poter procedere all’ampliamento di piazza Libertà in quanto la chiesa toglieva spazio al palazzo della Prefettura e bloccava un comodo accesso al rione Casale, col conseguente trasferimento della parrocchia al corso Vittorio Emanuele.

   Questo progetto si fece sempre più insistente, ma incontrò l’opposizione dell’opinione pubblica e della popolazione, offesa nel suo sentimento religioso.

Nel 1913 fu dato incarico agli ingegneri Cucciniello e Ferrara di redigere due distinti Piani regolatori con l’intento  di fare di Avellino una città moderna. In entrambi i piani piazza della Libertà diventava il centro, in cui venivano messi in risalto il Palazzo del governo e l’austero Palazzo Caracciolo (diventato sede dei tribunali), col conseguente abbattimento della chiesa del Rosario e delle case limitrofe. I piani non furono discussi a causa della I Guerra mondiale, ma ormai le decisioni erano vicine.

 

            

 

 

   Dopo l’avvento del Fascismo, cominciò a cambiare il volto della Piazza con la demolizione dell’elegante Teatro Ferdinandiano, che, malgrado vari restauri, si era ridotto in uno stato di estrema precarietà. Si fecero inoltre sentire gli effetti del disastroso terremoto del luglio del 1930, che provocò numerosi feriti e danni gravi agli edifici anche ad Avellino. La Chiesa del Rosario, gravemente danneggiata e posta di traverso fra gli edifici della Prefettura e dei Tribunali, purtroppo deturpava con le catapecchie ad essa addossate, la piazza più importante della città.

   Nel 1932-33 (essendo prefetto il gerarca fascista Tullio Tamburini) sulla spinta del piano regolatore Valle, mai approvato, che voleva dar vita a un rinnovamento urbano con interventi di risanamento e di pianificazione della città, ne fu decretato l’abbattimento col pretesto di dover edificare il lato orientale del palazzo di governo e per creare lo sbocco verso l’odierna Piazza Garibaldi. In sostituzione della chiesa dell’Annunziata si pensò di edificare nel Corso Vittorio Emanuele una nuova chiesa che, col titolo del Rosario, funzionasse anche come centro di una nuova parrocchia.

   Durante la demolizione tra i calcinacci e i detriti sotto il pavimento venne alla luce un numero incredibile di scheletri, perché nei secoli passati fino al 1821, quando fu costruito il Cimitero, le chiese di Avellino furono utilizzate quale luogo di sepoltura dei defunti.   Passò poco, ed anche il glorioso complesso monastico di San Francesco venne abbattuto, vincendo le forti resistenze degli avellinesi, legatissimi a quella chiesa.

  

     Furono abbattuti anche la pedana fissa con asta e bandiera per i concerti bandistici e lo sperone attaccato al palazzo dei Tribunali per dare respiro a piazza Garibaldi e per formarne la continuazione di piazza della Libertà.

   Il 2 aprile 1933 (come riferiscono le cronache del tempo) fu posta la prima pietra per la costruzione della nuova chiesa, che sarebbe sorta nel centro di Corso Vittorio Emanuele II di fronte al carcere sul suolo Zigarelli con la benedizione del vescovo di Avellino, mons. Francesco Petronelli. La Chiesa fu dedicata alla Madonna del Rosario e venne conosciuta anche come chiesa di Maria SS. della Vittoria perché sotto la protezione della Vergine Maria fu ottenuta la più grande vittoria contro i Turchi il 7 ottobre 1571 a Lepanto nelle acque delle isole Curzolari. La Chiesa fu progettata dall’ing. Capo dell’Ufficio Tecnico Provinciale, comm. Domenicantonio Mazzei in stile gotico/neo romantico per allontanarsi dallo stile novecentesco, piuttosto monotono, e dalle stranezze dello stile futuristico, per ritrovare l’armoniosa grazia antica.

   Della vecchia chiesa, sulla scorta di una lapide, nominata prima, don Consiglio Borriello riuscì a identificare la sepoltura di frate Fiorillo e trasportò le ossa nella chiesa dei Padri Liguorini, nella cappella a dx. dedicata a S. Alfonso.

 

N.B. Tutte le foto fin qui riportate sono state tratte dal sito www.avellinesi.it.

 

   Ormai il volto della piazza maggiore, a cui il 28 marzo 1938 venne attribuito il nome di Piazza della Rivoluzione (fascista), era stato del tutto stravolto. Per fortuna dopo la caduta del fascismo, (25 luglio del ’43) il podestà Giuseppe de Conciliis, discendente del colonnello Lorenzo de Concilj, ripristinò il vecchio glorioso nome di Piazza della Libertà. Il posto della demolita chiesa del Rosario fu preso circa dieci anni dopo dall’ultimo blocco di fabbrica a completamento del palazzo della Prefettura sul lato prospettante su piazza della Libertà.

   La nuova chiesa parrocchiale (Regina delle Vittorie) fu aperta al culto venerdì 23 dicembre 1938 con la benedizione dell’Altare maggiore da parte di S.E. il vescovo Francesco Petronelli. Non era ancora terminata, ma decorata solo nella parte dove fu collocata la fedelissima copia del quadro della Madonna del SS. mo Rosario di Pompei, opera del maestro abruzzese Carlo Verdecchia (1905-1984).

 

Chiesa S.S. Rosario  

  

   La tela di cm. 1,65x1,12 è più grande dell’originale, la cornice dorata in oro zecchino, su disegno dell’ing. Mazzei, fu eseguita dal valente artigiano, sig. Salvatore Antonacci di Atripalda. L’icona presenta l’immagine della Beata Vergine in trono con Gesù in braccio; ai suoi piedi, san Domenico e santa Caterina da Siena. La Vergine reca nella mano sinistra la corona del Rosario che porge a santa Caterina, mentre Gesù, poggiato sulla sua gamba destra, la porge a san Domenico.

 

Madonna                                 

 

   Il comm. dott. Carmelo Mazza, benemerito avellinese, donò alla nuova chiesa il bellissimo e artistico altare maggiore di stile gotico, in marmo policromo e alabastro realizzato su disegno dell’ing. Vincenzo Galasso dallo scultore ceramista leccese Domenico Stasi (1912-1971).

   Le due vetrate artistiche, opera della ditta Giuliani di Roma,  furono donate dal cav. Bibì Capuccio e dalla moglie D. Rosa Cappuccio Guerriero. 

 

   Sulla facciata, nella lunetta sopra la porta centrale, possiamo ammirare un bellissimo dipinto a sfondo dorato e, sopra il rosone, un fregio con uno stemma e la scritta  SPLENDET  AB EFFUSIS.

 

                                    

 

   La Chiesa del SS. mo Rosario fu costituita nuova Parrocchia domenica 9 agosto 1942 dal vescovo di Avellino mons. Guido Luigi Bentivoglio, alla presenza di tutte le maggiori autorità cittadine amministrative, politiche e militari, e affidata ai Padri dell’Ordine dei Predicatori, ritornati ad Avellino dopo 136 anni, accolti dal vivissimo entusiasmo dei fedeli.

   Alla funzione liturgica fu data grande solennità con la partecipazione di molti padri della comunità domenicana, del Rev.mo Capitolo Cattedrale e di tutti i parroci di Avellino. Fu nominato parroco Padre Innocenzo Evangelista, dottore in Teologia, con la collaborazione del v. Parroco padre Tommaso Jacobone, che, dopo la lettura dei decreti vescovili che istituivano la nuova parrocchia e ne delimitavano i confini, fece  sul Vangelo il giuramento di professione di fede e antimodernistico, seguito subito dalla consegna della stola, della chiave del Ciborio, del battistero, del confessionale e del pulpito.

 

         

 

 

 

    



[1] Francesco Barra: Fede e potere in “Rassegna Storica Irpina”, A. 1993-94, N. 7-10, p. 195.

[2] Corriere dell’Irpinia del 13.2.1960.