Avvocato Cappa
Si riteneva un principe del Foro. Raccontava di grandi processi,di poderose arringhe,di celebri imputati patrocinati persino in Cassazione. Per queste esternazioni, evocanti i suoi grandi successi professionali,effettuate spesso durante le caldi notti d'estate degli anni sessanta, seduto ad un tavolo di bar, era diventato un personaggio da avanspettacolo. In quel periodo stavano per esaurirsi le grandi riviste di Macario, Dapporto che avevano in un certo qual modo contrassegnato parte del tempo libero degli italiani di allora. L'avvocato Cappa, insieme ad alcune altre figure, innocue ma un po' tocche,senza accorgersene,aveva trasferito sui marciapiedi della città le gag dell'avanspettacolo, garantendo agli ascoltatori un sicuro divertimento. La sua fisionomia era del classico longilineo, leggermente incurvata nel torace, con un volto infossato come quello del grande Eduardo. Si spostava con grandi falcate, tanto che quando camminava sembrava che misurasse le distanze coperte durante gli spostamenti. La sua figura era inconfondibile anche per altre caratteristiche. Indossava sempre una coppola bianca, per cui era ben visibile da lontano, e portava, infilato sotto l'ascella, un foglio di carta bollata pronto per essere utilizzato all'istante. Aveva realizzato una specie di assistenza legale mobile. In qualsiasi momento e luogo, anche seduto al tavolo di un caffè, offriva consigli agli improvvisati clienti, i quali inventando storie fantastiche,quasi sempre a sfondo sessuale, portavano al massimo dei giri l'estemporaneità dell'avvocato. Ovviamente si venivano a creare situazioni altamente esilaranti che evidenziavano solo alla fine il dileggio a cui veniva sottoposto. A quel punto, con scatto improvviso,tirava da sotto l'ascella la carta bollata e cominciava a redigere la denuncia, seguita da lanci di invettive e minacce contro i suoi interlocutori,i quali rispondevano con un coro di "pernacchie". Forse era un professionista preparato, ma per questa sua forma di anticonformismo,che manifestava anche con l'utilizzo di una sgangherata bicicletta, sistematicamente nascosta dai suoi occasionali interlocutori, addirittura un sera venne legata all’estremità di un lampione del Corso, non era considerato un avvocato di spicco. Certamente non era finto, come purtroppo oggi avviene. Era più genuino, perché a differenza di qualche collega odierno, non aveva bisogno di telefonino, di una grossa cilindrata, di un nugolo di assistenti, per essere considerato un azzeccagarbugli.