LA BEFANA DEL VIGILE

 

di Andrea Massaro

 

Sul finire degli anni ’50 del secolo scorso, in concomitanza del boom economico che si affacciava anche nella nostra provincia, prese piede e si affermò per alcuni anni una simpatica usanza legata alla festività della Befana. La generosa vecchietta, oltre che portare tanti doni ai bimbi buoni, in quel periodo fu prodiga di doni anche ai Vigili Urbani dei nostri Comuni.

Vecchie foto di quel periodo ci consegnano immagini legati ai timidi approcci che le nostre popolazioni sperimentavano con i nuovi accessori domestici, come i semplici fornelli a due o a tre fuochi a metano, i quali in pochi anni andarono a sostituire le artistiche cucine impreziosite da pregiate marmette maiolicate che troneggiavano in tutta la loro esuberanza nelle cucine dei palazzi gentilizi del capoluogo. La Befana del Vigile non ebbe, però, lunga vita. Nel giro di pochi anni, così come era apparsa, uscì di scena dal costume e dalle usanze della vita nazionale senza una motivata spiegazione. Nel giorno dell’Epifania nelle piazze principali delle nostre città e dei nostri paesi, il vigile addetto alla regolamentazione manuale dello scarso traffico veicolare si trovava, dopo le prime ore della giornata, circondato da una pila di doni e regali offerti da commercianti e bottegai, i quali ci tenevano al loro nome non solo come veicolo pubblicitario, ma anche con il segreto intento di ingraziarsi i nostri vigili, particolarmente severi in materia di annona.

Lo spettacolo che offriva la piazza, in Avellino il centro di bontà dei nostri concittadini si costituiva in Piazza Municipio, all’incrocio tra il Corso, Via Matteotti e Via Mancini ove aveva sede anche il Corpo di Polizia Urbana, offriva un particolare colpo d’occhi.  A vedere quelle offerte oggi viene alla mente delle persone di una certa età lo scorrere piccoli siparietti del “Carosello”. Dono preferito era il panettone, quello autentico di Milano. E poi, il liquore bevuto da Ernesto Calindri “contro il logorio della vita moderna”, il detersivo di Calimero e ancora tanti altri prodotti che segnarono l’epoca dei tempi moderni.

Ma accanto a tanti prodotti forniti dall’industria in crescita, valenti pasticcieri e torronari della nostra zona porgevano ai sorridenti vigili i loro tradizionali prodotti, unitamente ad altre persone che posavano ai piedi della pedana fiaschi di vino protetti dalla paglia intrecciata, latticini e provoloni di Bagnoli e Montella, salami di Mugnano e anche bombole di gas e altro ben di Dio, che a manifestazione conclusa veniva equamente divisa tra i componenti del Corpo. Poi, come accennato, l’usanza, osteggiata da più parte per vari motivi, anche etici, scomparve senza lasciare sue tracce. Oggi alcune fotografie in bianco e nero ci restituiscono il senso di quel rito, troppo presto cancellato per dimenticare un periodo, forse, legato ancora ad una povertà dei decenni passati, che comunque, andava, fortunatamente, diradandosi a gran galoppo.

                              Andrea Massaro

da: Il Mattino, 3 gennaio 2008

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