PLOTONI DI ESECUZIONI ALLE “BRECCELLE”

Quando vigeva la pena di morte

 

di Andrea Massaro

 

Durante la prima guerra mondiale, oltre alle centinaia di migliaia di morti causati dagli scontri tra gli eserciti belligeranti, la tragedia toccò moltissime altre persone per i svariati motivi, persone coinvolte in quello spaventoso dramma che segnò il secondo decennio del XX secolo.

In quel periodo non furono pochi i processi tenuti dai Tribunali speciali istituiti nelle zone di guerra a carico di traditori, spie, disertori, autolesionisti e altri, compresi quelli accusati di codardia e disfattismo.

Un caso singolare, tenuto in segreto per circa un secolo, ha visto il territorio di Avellino teatro di un penoso dramma che si è concluso in modo drammatico.

Tra le varie migliaia di resti umani sepolti nella fossa comune del Cappellone del Cimitero di Avellino vi sono, anche se confusi con altri, quelli di un singolare personaggio, protagonista di un caso anch’esso singolare.

Nei registri degli atti di morte dell’anno 1918 figura annotata la morte di un giovane straniero, Ludwig Von Neumayer, deceduto in Avellino il 5 ottobre di quell’anno.

Oltre al suo nome nel documento non è riportata nessuna altra notizia che possa illuminare il dramma che ha visto il giovane Ludwing perdere la sua vita nell’amena città irpina.

Avari di notizie si sono mostrati sia l’ufficiale dello stato civile del Comune di Avellino, sia il Direttore del Carcere giudiziario della stessa città, il dott. Enrico Werthmuller.

L’atto di morte figura trascritto nella parte II, serie B, del registro, in quei fogli riservati alle trascrizioni dei decessi comunicati dalle altre autorità delegate dalla legge.

Ebbene, il Direttore delle Carceri di Avellino, in quel lontano ottobre, ad un mese esatto prima della  fine della guerra, inviò allo stato civile di Avellino una nota brevissima, che nella sua estrema e lucida sintesi annunciava l’avvenuta morte del barone Ludwig Von Neumayer.

Il Dott. Werthmuller, proveniente da Torino, era nato a Palazzo San Gervasio il 16 novembre 1876. Egli rimase nella direzione del carcere irpino fino al 1927, quando, a seguito di nuovo trasferimento, fu comandato a prestare la sua opera nella direzione del Riformatorio di Pisa.

Ben inserito nella vita sociale di Avellino di quel periodo, intrattenne buoni rapporti con la classe borghese della città frequentando avvocati come Guido Dorso, i fratelli Sarro, medici come Gaetano Perugini, giornalisti come Carlo Barbieri, Alfonso Carpentieri ed altri.

La nota del Direttore Werthmuller che annunciava la morte del barone Neumayer non indicava né la data di nascita, né il luogo, né la causa della morte. E’ riportato, invece, il nome del padre, Carlo. A tal proposito l’ufficiale dello stato civile che a suo tempo trascrisse l’atto di morte, tenne a segnalare che nella nota inviata dal carcere “mancano le altre notizie”.

Soltanto recentemente è stato possibile ricostruire parzialmente la triste vicenda che si è accompagnata agli ultimi anni di vita di Ludwing Neumayer.

Grazie all’interessamento di un suo nipote di Roma, il Dott. Antonio Concina, siamo venuti a conoscenza che durante la prima guerra mondiale il Barone Von Naumayer era un giovane brillante cittadino del vasto impero austro ungarico, chiamato ad un importante incarico diplomatico.

Nominato Governatore della Dalmazia, provincia austriaca, negli anni del conflitto fu inviato dal suo governo a Roma per una delicata missione diplomatica.

A seguito di varie peripezie lo stesso fu accusato e processato per spionaggio e condannato a morte.

Trasferito nelle Carceri del capoluogo irpino, dopo poco tempo dopo fu eseguita la condanna a morte del trentacinquenne diplomatico, operazione avvenuta nel poligono di tiro delle “Breccelle”, località in tenimento di Monteforte Irpino.

Il poligono delle “Breccelle” non era nuovo all’ingrato e doloroso compito della fucilazione.

Oltre alla fucilazione del barone della Damazia, sui pendii delle “Breccelle” negli anni appresso si consumeranno altre volte i riti della fucilazione, come quelle del giugno 1941 a carico di due ladri e scassinatori di Cassano Irpino e Nusco, i quali furono condannati dal Tribunale avellinese per aver, in un conflitto a fuoco avvenuto proprio a Nusco, provocata la morte dei due carabinieri della stazione di Nusco, Luigi Formisano e Luigi Posillipo.

Ancora più tragica rimane, anni dopo, la morte del soldato canadese, Harold Joseph Pringle.

Questi, appena ventenne, era giunto in Italia al seguito delle truppe Alleate durante la seconda guerra mondiale.

Nel periodo dei furiosi combattimenti che tennero inchiodati i soldati alleati sul fronte di Cassino, il giovane soldato disertò dal suo reparto per aggregarsi ad una banda di altri disperati disertori provenienti dalle fila degli eserciti inglese, americano e tedesco.

La banda si macchiò di numerose rapine e agguati pericolosi nei confronto dei convogli militari e civili, che si muovevano con difficoltà lungo le strade a sud di Roma, operando razzie e grassazioni spericolate.

In una di queste operazioni avvenne un conflitto a fuoco con la Polizia Militare Alleata, durante il quale morirono due poliziotti.

I comandi alleati intensificarono i loro sforzi nella caccia ai banditi, per cui tutti i componenti la banda, alla fine, furono catturati.

I processi tenuti nei tribunali speciali dei rispettivi eserciti si chiusero con le loro condanne a morte. Alla dura sentenza non si sottrassero il soldato Pringle e un altro militare inglese. Quest’ultimo a processo ultimato fu giustiziato dai militari del suo esercito.

Dopo l’entrata a Roma degli Alleati il prigioniero Harold Pringle rimase nelle carceri romane per lungo tempo, in attesa che giungesse da Ottawa la risposta della domanda di grazia avanzata dal cappellano del suo reparto.

Con la fine della guerra gli eserciti alleati lasciarono il territorio italiano. Frattanto, respinta la domanda di grazia, si avvicinò la data dell’esecuzione della sentenza a carico di Pringle. In quel periodo, siamo nell’estate del 1945, in Italia l’unico reparto di canadesi presente sul territorio si trova di stanza in Avellino. Per questo, a guerra ultimata da pochi mesi, il 5 luglio 1945, il soldato Harold venne  trasferito in Avellino. Pochi giorni dopo, in località “Breccelle”, fu replicato il macabro rito della fucilazione, che rimarrà come ultimo atto di questa triste storia.

A darci notizie degli ultimi istanti di vita del soldato Pringle è stato il giornalista canadese Andrew Clark il quale nel 2002 ha raccolto varie testimoniane e molti documenti su questo doloroso caso che li ha narrati in un interessante volume, pubblicato in Canadà, con il titolo “A keen soldier” il lamento del soldato.

 

 

                                                                                

 

 

Andrew Clark, anni prima era stato personalmente in Avellino per documentarsi sui luoghi toccati dal protagonista del suo drammatico racconto. In quella occasione siamo stati per vari giorni insieme al  giornalista Clark per descrivere Avellino degli anni ’40 del secolo passato, girando per la città ed in particolare, in Via Sant’Antonio Abate, luogo off limit ai canadesi dopo le loro incursioni in cerca di donne, nella Villa Di Marzo, ove furono alloggiati gli ufficiali del comando canadese e presso la Scuola Agraria di Avellino, sede del quartiere della truppa. Non poteva mancare dal giro di visite la località delle “Breccelle” a Monteforte, che impressionò visibilmente il giornalista Clark. Questi fu poi accompagnato presso il cimitero di Caserta, luogo ove riposano i resti del soldato fucilato, e a Montecassino, ove si svolsero duri e lunghi combattimenti tra gli alleati e le forze tedesche. 

Con l’abolizione della pena di morte dal codice penale, e poi anche da quello militare di guerra, i fucili alle “Breccelle” ritorneranno solo per delle inoffensive esercitazioni.

Circa un ventennio prima, invece, il corpo del barone Ludwig Von Neumayer, il giorno 7 ottobre 1918 era stato inumato, alle ore 10,00, presso il Cimitero di Avellino. La salma fu composta nel recinto riservato agli adulti, nel fosso n. 3 del quadrato 3, solco 1.

In seguito quest’area fu occupata per la costruzione di varie  cappelle laicali, mentre i resti delle innumerevoli salme sepolte nei decenni precedenti furono traslate nella fossa comune del Cappellone comunale.     

 

                                                        

 

                                                              Cimitero di Avellino. Il cappellone  comunale.

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