I giardini di Corso Europa

Di Pino Bartoli

Quando mio padre ci annunci che aveva trovato casa e che presto ci saremmo trasferiti a Corso Europa, mia nonna esclam stizzita << Nato poco ci portavi fore e chioppe>>.

Per lei Avellino finiva fore o largo e il piacere di abitare una casa finalmente adeguata alle nostre esigenze, come quella che avevamo perduto con il bombardamento, era diminuito dal disappunto di lasciare la sistemazione (provvisoria e precaria) di vicolo Conservatorio ncoppe e monache.

Accett perch le fu precisato che lappartamento (un  piano rialzato nelle palazzine dei cancellieri)  era collegato direttamente ad un giardino di uso esclusivo dove il nonno, costretto ormai su una sedia a rotelle, poteva stare allaperto, appartato, solo con i suoi pensieri, come desiderava.

Accett, ma mise subito in chiaro che avrebbe continuato a frequentare o Carmine per la spesa giornaliera e, considerata la distanza tra casa e mercato, ove fosse stato necessario, per non affaticarsi, lavrebbe lasciata alla merceria di Maria e Meluccella   vicino o salone e Alisandro o Capocchione,  dove poi uno dei figli avrebbe dovuto recuperarla.

Il giardino conquist pure me.  Certo mi sarei allontanato dai compagni del palazzotto, non avrei pi speso le cinque lire per le cinque barchette di liquirizia da Smeraldo ncoppe e monache o per i semienti da Maria a cecata allangolo della prefettura per, finalmente, avrei avuto un cucciolo, il mio sogno.

E cos ci trasferimmo.  La casa mi piacque molto, la strada di meno. Troppo tranquilla, senza negozi,  ad eccezione  del bombolaro (che faceva pure il sarto) su, verso la villa, e, vicino casa,  di don Attilio il salumiere (proprio dietro il Rosario) con ladiacente locale dove le donne portavano a riammagliare le calze sfilate e dove le lattaie e ncoppe Silve si ritrovavano per approvvigionare dai bidoni pi grossi, depositati la mattina presto, quelli piccoli, di alluminio, attrezzati con un misurino assicurato con una catenella,  con cui portavano il latte sfuso, ogni giorno, casa casa.

Un po di movimento cera il 14 agosto, quando passava la corsa delle biciclette, e nelle ore di apertura e chiusura dei magazzini, per via che la Standa aveva lentrata del personale su Corso Europa.

Con il passare del tempo per incominciai ad affezionarmi a quella tranquillit che era nelle cose e non imposta. Lalternarsi dei giardini e dei fabbricati, che sembravano tutti uguali ma che erano invece  diversi tra loro, creavano  unarmonia  cadenzata dagli alberelli che definivano la carreggiata.

 Intorno agli anni 60 qualcuno interpret questarmonia come monotonia e decise di introdurre qualche nota che potremmo definire di acuto.

Ricordo perfettamente quando incominciarono a nascere i fabbricati moderni. Ricordo pure la ferita, orrida, che ha individuato fino al terremoto il vicolo della Rosetta, causata dalla demolizione del bel fabbricato con i portoni e  le finestre ad arco che mascherava, senza precluderlo, laccesso al vicoletto che univa i due corsi.

Tutto quello che avvenuto dopo storia recente ed sotto gli occhi di tutti.

Una strada con vocazione esclusivamente residenziale, conservando la larghezza originaria, stata appesantita con fabbricati pi alti che, occupando anche le aree dei giardini, hanno aumentato il numero dei residenti. La realizzazione poi dei locali commerciali e dei piani ufficio attira giornalmente una quantit di utenti  non proporzionata ai servizi offerti con conseguente mancanza cronica di parcheggi, aumento di traffico, di ingorghi, di inquinamento atmosferico e sonoro, ecc.ecc.ecc..

Oggi le uniche ore di tranquillit  Corso Europa le vive il 14 agosto, . quando passa la corsa delle biciclette.                                                                                                                                               

 

 

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