Fusilli e gnocchi

 

di Pino Bartoli


 

 

Questa foto è stata scattata da Silvia Amodeo che, come tanti avellinesi, qualche giorno dopo il terremoto si portò sul Duomo per vedere cosa fosse rimasto di quella parte della città dove la sua famiglia conduceva una farmacia oramai da un secolo. L’immagine si commenta da sola e si presta a numerose interpretazioni. A me piace rivedere in quel piatto, miracolosamente salvatosi dal crollo e coperto con un altro piatto per proteggerne il contenuto, un rito che, nelle famiglie avellinesi, si ripete tutte le domeniche (e il terremoto venne di domenica) e dura l’intera giornata: il rito “ro fusillo e ro gnocco al ragù”.  A casa mia si iniziava la mattina presto imbottendo il pezzo di fianchetto, comprato il giorno prima dal macellaio di fiducia che aveva provveduto a trasformarlo con un taglio sapiente in una “borsa di carne”, con un composto di uova sbattute, parmigiano, prezzemolo, uva passa, pinoli, mortadella sale pepe e pan grattato.

Si chiudeva poi il tutto cucendo l’apertura con l’ago “ro matarazzo” e lo si metteva a soffriggere con le cipolle affettate. Una volta rosolato il fianchetto le cipolle, (che cuocendo erano diventate “cipolluzze”), venivano tolte e utilizzate con il pane per  la prima colazione. Nella pentola veniva a questo punto aggiunta  la passata di pomodoro (quella fatta in casa): si avviava così la lenta cottura del fianchetto che restava sul fuoco fino all’ora di pranzo. Era possibile, verso le undici, avendo cura di non farsi vedere dalla nonna (che in effetti ti vedeva benissimo) prendere un poco di sugo e stenderlo su di una fetta di pane. Avviata la cottura della carne si passava a fare gli gnocchi (solo farina, senza patate) e, con la stessa pasta, i fusilli, tirati col “cruscé” (l’uncinetto). Partecipavano anche i piccoli della famiglia,  incaricati di  completare l’allargamento degli gnocchi e stenderli ad asciugare, perfettamente allineati,  sul tompagno. Il rito, si è detto, dura tutta la giornata perché a sera,  quello che non si è consumato a pranzo viene ripassato in padella ma può essere anche mangiato a temperatura ambiente perché è un piatto talmente buono che “si mangia puro ’ncapo ‘e zellusi”.

 In quella casa, “ ‘ncoppa ‘o viscovato” , si stava concludendo il rito domenicale. La signora (moglie o mamma non ha importanza) dovendo andare in chiesa o farsi una passeggiata con le amiche o andare a trovare “ ‘a commarella soa”  aveva preparato il piatto per chi sarebbe rientrato prima per guardare certamente i goal in TV. Il terremoto della televisione e dei goal se ne è curato veramente poco. Ha rispettato però “ ’no bello piatto e gnocchi”.

                                                                                                                                                    

 

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