“Ai geometri dell’Istituto “O. D’Agostino” di Avellino
Un tuffo nel passato, uno sforzo di memoria,
una mano tesa per aiutarvi ad entrare da protagonisti
nel prossimo futuro”
Lungo il fiume dei Mulini
di Pippo Bombaci Zagari
Grazie ad Armando Montefusco per le sue ” Monografie per la Storia di Avellino”.
Un grazie particolare al Preside Ing. Pietro Caterini, all’ing.
Giovanni De Simone, a tutto lo staff tecnico dell’Istituto e all’ing.
Mario Sabatino, attento e appassionato redattore della parte
fotografica.
Da Umberto Eco al nipote – 2014 –
“ perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché
molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose
accadono oggi e in ogni caso è un modo per arricchire la nostra memoria“
PRIMO TEMPO
Ai tanti vecchietti di questa città il medico di famiglia ha sempre
detto, e continua a dirlo: ti raccomando, cammina, cammina, cammina e
starai bene-
- “ogni giorno faccio una vasca andata e ritorno, platani-piazza, due
volte al giorno! - - Non basta, allungati fino alla
Dogana”
I lavori in piazza erano stati ultimati e la sistemazione di Piazza Castello stava per iniziare per l’ennesima volta.
Con i tanti conoscenti pensionati, che avevano seguito i lavori della
piazza, ci siamo dati appuntamento per il nuovo sopraluogo quotidiano,
ma, ahimè, niente da osservare, i lavori non partono;
non demordo e continuo le mie passeggiate quotidiane da solo: piazza
Duomo, la Camera di Commercio, ritornata al suo posto, la Torre
dell’Orologio, il teatro Gesualdo, il palazzo di V. Hugo, via
Benedettini, le scalette alla Fontana, rampa Tofara con la sua
scaletta, la Chiesa di S. Nicola dei Greci, ancora in piedi per puro
miracolo, un arco in pietra, da pochi anni murato non capisco per quale
motivo, ed eccomi di fronte al Castello, una delle poche testimonianze
di antichissime costruzioni : risorge un pezzetto alla volta dalle
macerie, ripulito dai materiali di rifiuto provenienti chissà da
dove; attorno alle mura di questa fortificata dimora è nata, un
giorno, questa città.
E comincio a pensare, a riflettere, a ritornare…. al passato!
1
Il principe giunse verso mezzogiorno in un pianoro, bella vegetazione,
la valle a perdita d’occhio davanti a sé, alle spalle una collina, a
destra e sinistra una lussureggiate distesa di verde, un corso d’acqua
da un lato, un altro che veniva giù da chissà dove;
- bene, disse, quanto basta per accamparmi per un po' di tempo e, se tutto va bene, prima o poi qui mi faccio un castello.
E arrivò, come aveva sperato, il giorno in cui decise di erigere la sua
dimora, il suo castello! - “Ragazzi, voglio fare un castello cosi, cosi
e cosi, radunate gli uomini, i contadini, le donne e i ragazzi, qua di
fronte…. in via Tofara …. c’è questa collina di tufo, buttate giù
quante più pietre è possibile, chiamate i muratori e cominciamo a
costruire.
E tutti ubbidirono: si formarono le squadre, una armata di pale e
picconi, una di carriole in legno, una di martello a pietre, molte di
cazzuole e recipienti per la malta; uno di questi operai,
autonominatosi capocantiere per essersi messo un copricapo di carta di
colore giallo, dice al principe: Padrone, per mettere insieme queste
pietre è necessaria tanta malta….abbiamo la sabbia lungo il fiume,
l’acqua non manca, la calce la facciamo portare da don Antonio Iasso,
che ha una carcara a Torelli di Mercogliano, manca la pozzolana che si
trova sotto questa massa di tufo che abbiamo di fronte: possiamo fare
una galleria, se Voi siete d’accordo, altrimenti dobbiamo andare a
prenderla lungo quel fiume laggiù: però per fare questo castello
impiegheremo un secolo.
-Va bene, scavate la pozzolana, fate
delle gallerie di queste dimensioni e non vi preoccupate, non vi cadrà
niente addosso, non crolleranno, fatele di un’altezza e di una
larghezza tali che possa entrare dentro un cavallo e un velanzino e
buon lavoro!


E cosi, dopo pochi anni, il castello diventa realtà: una bella dimora,
i giardini, il bosco per la caccia, l’orto, le fontane, le gallerie
adibite, ove necessario, a via di fuga.
Attorno al castello e sopra la collina cominciano ad insediarsi case,
palazzi, Chiese, campanili, strade e piazze; lungo il fiume nascono le
piccole aziende artigianali: tintorie, lavanderie, fabbri, mulini,
opifici, fonderie, ferriere. Comincia, lungo il fiume, l’estrazione di
tufo e pozzolana, dalla zona del Castello fino al confine con Torrette
di Mercogliano ovvero, come dice il Prof. A. Montefusco nel suo libro
sulla Storia di Avellino (pag. 108), da Mulino de Pede fino a Mulino de
Capu passando per Mulino de Mezzano.


2
Passano gli anni, i secoli, il piccolo borgo diventa una
cittadina, da Piazza Duomo si scende su piazza Amendola dove arriva
Corso Umberto, la Dogana, punto di arrivo delle strade beneventane,
nolane e pugliesi.
Si costruisce attorno a questa nuova strada, via Nappi, lo
stretto, piazza mercato, fino ad entrare nella nuova piazza centrale e
sorgono palazzo Caracciolo, nuova dimora di famiglie provenienti dal
Castello del Principe, e gli altri palazzi che oggi formano Piazza
Libertà con le sue Chiese, l’inizio del Corso.
L’approvvigionamento dei materiali di costruzione non cambia: lungo il
Fenestrelle la zona pianeggiante si allarga sempre di più, i massi di
tufo vengono spinti e fatti cadere da sopra verso la zona più bassa per
essere ulteriormente spezzati in maniera tale da poterli caricare sui
famosi traini tirati da cavalli e velanzini (aiutanti cavalli) su per
contrada Infornata, Cupa Macchia, via Zigarelli, Ponte delle
ferriere ;
stesso sistema per la pozzolana, gallerie aperte con i soli mezzi
disponibili in quei periodi, picconi e malepejge, pale e mazze
per spezzare le pietre e ridurle in polvere e ancora traini e
cavalli.


E passano gli anni. ….. i secoli……
Agli inizi del secolo scorso, dopo la demolizione delle due Chiese,
iniziano le costruzioni del Banco di Napoli e del Palazzo delle Poste:
sull’allineamento di quest’ultimo è stato facile immaginare la
realizzazione di un’altra strada, parallela al Corso principale.
I proprietari dei suoli cambiano subito il sistema di estrazione dei
materiali: non più dalle zone basse del Fenestrelle ma direttamente da
quella che diventerà via del Littorio prima, via Roma dopo, Corso
Europa oggi; scavo e trasporto di terreno, sabbie e lapilli sulle zone
degradanti verso il S. Francesco, verso via Cavour, vasto Capozzi,
tutta la zona dell’Autostazione; estrazione di tufo e pozzolana sempre
con lo stesso sistema e nuovo riempimento con terreni
proveniente dagli scavi di altri fabbricati.
Questo sistema dura fino alla fine del 1955, viene abbandonato con
l’avvento del cemento armato ma per le murature a cassa vuota e per gli
intonaci si continua ad usare la pozzolana e quindi a scavare altre
gallerie. A metà degli anni ’60 cambia anche il sistema degli intonaci,
delle malte, tutto in sacchi, tutto preconfezionato.
Fine anche della estrazione della pozzolana. Il fondo valle del
Fenestrelle viene abbandonato, ritorna un minimo di agricoltura,
alberi, rovi e cespugli coprono gran parte delle pareti di tufo, si
chiudono le gallerie, tutto scompare e del passato nessun ricordo.



3
La passeggiata quotidiana anche oggi è terminata: in sei chilometri mi
è passata per la testa la storia urbanistica di questa città; nessuno
ha interrotto questi miei pensieri, forse ho fatto qualche confusione,
mi comincia a venire qualche dubbio, due anni fa ho scritto un diario
….. debbo controllare!
Si, a pag. 31, anno 1967, in via
Rubilli 14: il capocantiere precipita in una galleria che, qualche
decennio prima, qualcuno aveva scavato per estrarne la pozzolana; da
via Roma, angolo via C. Errico, fino al centro del fabbricato che stavo
iniziando a costruire.

E la Cooperativa Giovanni XXIII in via Brigate: perché sul fronte
strada via Roma non abbiamo trovato il banco di tufo sul quale poggiare
le fondamenta del palazzo, ma solo terreni di riporto?
E la risposta è la conferma di quanto pensato poco prima.
Ma allora …………. e vado in confusione totale …. la pressione sale
e i miei pensieri vanno oltre i confini della nostra città……… a Napoli
…. con le sue voragini sulle strade cittadine, con i fabbricati che
improvvisamente collassano……… a Roma…con gli stessi problemi, a
Viterbo, ad Orvieto, a Lecce e gran parte della Puglia, tutte zone in
cui decine e decine di secoli fa i vulcani ancora attivi e quelli oggi
spenti hanno sparso in quantità ……industriale polveri più o meno
sottili di colore grigio, la pozzolana, e poi di colore giallo, bianco,
grigio, il tufo giallo locale, quello leccese, quello solofrano.
A Napoli, nella parte bassa, questa situazione è conosciuta: i
Borboni hanno costruito il loro Palazzo estraendo tufo dal sottosuolo,
rifugio della popolazione durante i bombardamenti aerei dell’ultima
guerra, in tante altre parti della città le gallerie sono diventate
mete turistiche, ma poi, il massacro edilizio degli anni ’50: i
palazzinari e non solo quelli si sono preoccupati di quanto era
successo sotto i loro piedi qualche decennio prima? Mah! qualche
verifica qualcuno l’avrà pure fatta e pertanto speriamo bene!
SECONDO TEMPO
Sono venuti a casa con la bicicletta: ormai sono grandi abbastanza
–Vieni con noi, prendi la tua bicicletta, ti aiutiamo noi, andiamo al
Piccolo Paradiso, è una bella giornata. Non ho mai detto no a Giugiù e
Giogiò, i miei nipoti, con qualche preoccupazione mi accodo a loro.
E giù per Via Infornata, bivio per Mulino Mezzano, ponticello n./6,
inversione, ponticello n/7, ingresso sulla pista ciclabile fino a
Mulino de Capu, breve sosta per un sorso d’acqua e poi di nuovo in
sella, tutta di un fiato, fino a Mulino de Pede.
“Io mi fermo, vado al bar, prendo un caffè, la pillola per la
pressione, e mi stendo un poco sull’erba, mi leggo il giornale e fra
un’ora torno a casa. “
Una bella giornata primaverile, il sole inonda la valle, l’acqua
del fiume scorre ancora veloce, sui ponticelli in legno qualche
coetaneo tenta una pesca miracolosa con la sua canna, bambini si
rincorrono sull’enorme prato, salgono e scendono dalle altalene e dagli
scivoli, mamme e padri stesi sull’erba sulle loro coperte a tentare una
prima tintarella: il pensiero corre a Vanves, periferia di Parigi, e
agli altri due nipoti Evan e Alex, con i quali, l’anno scorso, abbiamo
giocato a lungo su bellissimi prati.
Una decina di locali ricavati all’ingresso delle gallerie, prima
controllate e poi ermeticamente chiuse, un bar, un locale per servizi
igienici, un pronto soccorso, un locale per biciclette e pattini, una
pasticceria, un locale per giocattoli e vestiti per bambini, un locale
per degustazione vini del Consorzio Irpino vini, al centro due locali
per audizione musica in cuffia e una bella pedana in legno per
l’orchestra che tutte le sere inonda la valle di estasianti brani
musicali.
Dal campanile della Chiesa di S. Ciro arrivano i rintocchi delle
campane: è mezzogiorno, è l’ora del rientro: prendo la bicicletta e su
per via Zigarelli; la salita è dura, troppo dura, vado in affanno,
respiro male, tossisco, una voce mi arriva da lontano “Pippo, Pippo,
che hai, svegliati, svegliati! - “un momento porto su la bicicletta”
-ma quale bicicletta, che dici, svegliati” e apro gli occhi, mi sollevo
appena sul letto e… “è mai possibile che in questa casa non si
può più nemmeno sognare? E mi svegli proprio adesso che, dopo ottanta
anni, stavo imparando a portare la bicicletta! – “Con te ci vuole la
pazienza dei Santi, ti mancavano solo le
caverne”
Sipario………fine seconda parte.
Finito di scrivere l’otto gennaio 2017 ore 12; neve e freddo in
abbondanza, da tre giorni non esco, mi sento agli arresti domiciliari;
speriamo finiscano presto.
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Da qualche giorno non nevica più, ma fa un freddo cane!!! Esco, ho
tante cose da fare, qualche appuntamento, qualche incontro importante,
rifaccio il giro del Fenestrelle, da via Zigarelli, giù, e poi sù fino
al ponte di Torrette di Mercogliano; diversi chilometri, diverse bocche
aperte nelle pareti di tufo e pozzolana, depositi probabili di
attrezzature, mangimi, naturali frigoriferi del tempo che fu; diverse
sono murate, mimetizzate, ma sono certo che ci sono, bisogna misurarne
solo le lunghezze.
Bella passeggiata, bella sudata ed arriva, nonostante il vaccino in
ottobre, la febbre e la bronchite; letto, tosse, antibiotici,
l’affettuosa vicinanza di tanti amici mi sprona a sistemare velocemente
questa incresciosa vicenda.
Ed eccomi di nuovo sul campo di battaglia: il riposo forzato mi ha
costretto a riflettere sull’argomento, ormai diventato una ossessione!
Non posso fare tutto da solo, entrare in proprietà di terzi,
violare domicili e via dicendo: debbo esternare i miei pensieri,
le mie preoccupazioni e perché no i miei sogni alle diverse Autorità
locali: debbo necessariamente parlare con Carabinieri, Questore,
amministratori comunali, esternare i miei dubbi e le mie certezze;
altri problemi sulle spalle degli amministratori, altre spese
impreviste, altri motivi di discordia, allarmi di natura tecnica,
possibili guerre con gli attuali proprietari dei suoli agricoli e
con quelli che, a suo tempo, hanno venduto o costruito sui suoli
sovrastanti.
Che fare? Parlare o tacere? Mettere al corrente la città tutta,
creando panico e grossa preoccupazione soprattutto a quei cittadini che
abitano in quelle zone, o tacere per sempre, come hanno fatto i
proprietari dei suoli, i contadini, i cavatori, i trasportatori, i
responsabili tecnici comunali, da sempre in buoni rapporti con i
suindicati proprietari?
E ritorna prepotente l’amletico problema!!
Quelle caverne, gallerie, stanno là da cent’anni, sono state gravate
dal peso dei sovrastanti fabbricati, hanno retto al terremoto, non
dovrebbe accadere nulla, ma se dovesse accadere, fra mille anni,
qualcosa, perché i miei nipoti, i loro figli, dovrebbero ricredersi
anche su di me?
Ho deciso: vado a parlare con i responsabili della cosa pubblica e
chiederò la autorizzazione ad indagare, rilevare, relazionare. Sarà
difficile ottenere risultati, vorranno un esposto, una denuncia, un
qualcosa che li costringa ad intervenire; che dico? che, in un certo
posto, c’è un deposito di borotalco? che in quella zona, lungo il
fiume, dietro quelle parete tufacea, esiste un reticolo di gallerie che
arrivano fino a corso Europa e anche oltre?
Riapriranno i manicomi! Solo per
me!
6
Oggi lunedi 30 gennaio ’17 ore 20.
7
Quasi un mese di lavoro, giornaliero, stancante, ma alla fine posso dichiararmi felice e soddisfatto.
Ho incontrato amici, autorità, ho avuto conferme, figli e nipoti di
miei dipendenti, abitanti ancora in quelle zone, mi hanno dato la
possibilità di affacciarmi ai tanti ingressi ancora aperti, ma
soprattutto ho avuto diversi incontri con il preside Caterini, con
l’ing. De Simone, con l’ing. Sabatino, tutti insegnanti all’Istituto
per Geometri, che hanno prima condiviso e poi sollecitato un incontro
con i ragazzi dello Istituto, prossimi a completare il loro corso
di studi e pronti a entrare nel mondo del lavoro!
Perché non offrire subito a questi ragazzi una possibilità di lavoro di
gruppo, una idea da sviluppare entrando nelle viscere di quella zona,
misurare, disegnare, inserire nei fogli catastali, una volta per
sempre, la realtà dei luoghi per consentire ai tecnici incaricati di
controllare e riqualificare le strutture dei fabbricati partendo dalle
fondazioni? Vogliamo farli partire per destinazioni europee o tentiamo
di inserirli nei tanti posti lasciati dagli attuali tecnici giunti
ormai ad un passo dal pensionamento?
Può diventare realtà l’idea, tanto decantata, scuola- lavoro?
Con l’ottimo ing. Mario Sabatino, fotografo attento e preciso,
rifacciamo tutto il giro dei miei sogni: piazza Castello con le sue
mura, restaurate in modo pessimo, rampa Tofara, Gradelle alla Fontana
con la sua retrostante galleria scavata nella pozzolana, via Seminario,
Cattedrale, piazzale, Via Duomo, giù fino alla Dogana, via Nappi,
piazza Libertà, Banco Napoli, via due Principati, Ponte delle ferriere,
giù lungo il Fenestrelle, un numero infinito di foto, un lungo
racconto, un lungo film sul racconto dello sviluppo della città e sui
materiali che madre natura ci ha donato, foto di costoni di tufo, di
pareti intonacate, erbacce, spine, rovi e tanta sporcizia
.
E poi su fino alla bretella di recente costruzione e lo scenario non
cambia: un silenzio assoluto, meraviglioso, interrotto dal piacevole
rumore dell’acqua che scorre lenta in un letto che andrebbe più spesso
ripulito da terra, sabbie e massi.
8
Chiunque avrà l’incarico di amministrare questa città non dimentichi
queste parole, queste idee, queste collaborazioni spontanee e senza
scopi di qualsiasi natura. Faccia rivivere questa valle, la renda
ancora più verde, la faccia diventare il fiore all’occhiello, la valle
nella quale cittadini e turisti finalmente potranno trovare momenti di
pace e tranquillità.
Oggi sono stato all’Archivio Storico, dove, come sapete, ho depositato
e donato il quaderno… anzi ….. il vocabolario documentale di tutti i
lavori eseguiti dalla nostra azienda nel secolo scorso: tecnici della
Provincia, incaricati di accertare lo stato di salute della Scuola
d’Arte, terzo lotto, palestra e aula magna,1967, mi hanno chiesto parte
di tutto l’incartamento, calcoli, prove di laboratorio, prove di
carico, collaudi e foto.
E ovviamente, con immenso piacere, ho consegnato il tutto-
Zio Guglielmo mi ha sempre detto: conserva queste carte, verrà il
giorno che, per un qualsiasi motivo, qualcuno te le chiederà: e sarà
per te motivo di orgoglio e soddisfazione poter collaborare per la
soluzione dei problemi. Sarai uno dei pochi a farlo, se ti riesce,
convinci i tuoi colleghi a fare altrettanto.
Mi piace chiudere questi miei pensieri nel ricordo di lui: glielo
debbo, è un atto di doverosa, affettuosa, filiale Riconoscenza!
Ho iniziato queste poche pagine virgolettando una dedica di Umberto Eco
ai nipoti, le chiudo con quanto dedicato dal sommo Poeta a tutti noi:
“considerate la vostra semenza: fatti non foste per viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”
