In ricordo di Carlo Alleva

 

Chi, fra i tanti girovaghi del Corso, non conosceva quell’uomo che, sotto il nero mantello,barba a volte incolta, occhi di brace, anche nei giorni nevosi era per la strada a dipingere angoli della città?

Non ho la memoria attenta per ricordare periodi e momenti della sua arte, so di certo, però, di aver goduto di centinaia di sue opere, in tante mostre presso i locali dell’Associazione della Stampa, nel glorioso Palazzo di Governo, e rammento la forza, la dolcezza dei suoi colori, l’irruenza dei suoi cavalli con le chiome al vento, le sue albe, i notturni di donne in amore, gli angoli di marine e le sue figure e il plastico tormento di un uomo che aveva vigorose cariche emotive. Di certo so che suscitava forti e struggenti emozioni e se la pittura, per un neofita come me, è tale se appunto crea intense suggestioni, il maestro Alleva, che si definiva caposcuola del Neofigurativismo, causava certamente sensazioni forti e memorabili.

Non conosco molto della sua vita, so che però era piena, immersa nella continua ricerca del bello e appunto al di fuori di regole date, se non quelle dell’amore per ogni cosa: le banalità erano bandite in ogni suo modo di esprimersi.

So che non è possibile, né facile, ma sarebbe utile a tanti, se, oltre l’antologica di qualche anno fa, organizzata nei locali dell’ex carcere borbonico, si riuscisse a rimettere insieme le centinaia e centinaia  di opere sparse per il  mondo: ne godrebbe certo lo spirito di ognuno, in un’epoca di tristi e mediocri realtà in cui siamo finiti.

Pierino De Gruttola