La
            Madonna del Rosario di Caravaggio commissionata per
            Eleonora
 d’Este, la moglie di
            Carlo Gesualdo
di
Riccardo
Sica
            
Non
          condivido l’ipotesi,
          dovuta a Maurizio Calvesi,
            secondo cui la famosa Madonna del Rosario di
            Caravaggio oggi al Kunsthistorisches
              Museum di
          Vienna fu eseguita per decorare una
            delle cappelle di
            patronato del casato Carafa nella chiesa napoletana di San Domenico
              Maggiore a
            Napoli su commissione di don Luigi Carafa della Stadera (1567-1630, IV principe di Stigliano, IV
            duca di Rocca
            Mondragone, duca di Traetto,
            conte di Fondi, ecc.,
            parente di Martino Colonna, feudatario di Palestrina, Zagarolo e Paliano) presso cui il pittore s'era rifugiato
            nel 1606 dopo essere
            fuggito da Roma, in seguito all'omicidio di Ranuccio Tomassoni.
            Propendo invece per l’ipotesi che Cesare d’Este, duca
          di Modena (che,
          nel 1605, versa degli acconti a Caravaggio per la
          realizzazione di una pala
          destinata alla chiesa modenese di San Domenico), si
            sia fatto ritrarre lui quale committente nel dipinto  di
            Caravaggio (se mai dopo aver fatto
            cancellare il supposto precedente ritratto di Luigi Carafa
            che gli era inviso
            per la ben nota questione dell’omicidio commesso da Carlo
            Gesualdo). La ragione su cui
            poggia la mia
            attribuzione è soprattutto la perfetta somiglianza che
            riscontro tra il committente
            alla base del quadro ed il volto che appare nel Ritratto
              di Cesare d’Este
            dipinto da Pourbous nel 1606 a
            Mantova ed ora all’Accademia
          Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena.
 La mia attribuzione spiegherebbe
          anche perchè precedentemente al
          posto del duca d’Este era
          visibile in qualche incisione che girava nelle Fiandre un
          altro committente non
          meglio identificato, presumibilmente Luigi Carafa. A
          confronto, i due ritratti (quello
          in basso a sinistra nella Madonna del Rosario e quello
          di Cesare d’Este
          eseguito da Pourbous) risultano
          essere identici.
          Stesse sopracciglia! Stessa
          espressione degli occhi! E’
          differente, nei due
          ritratti, solo l’età: nella Madonna del Rosario il
          duca è un po’ stempiato
          e con i baffi e barba imbiancati. Per il resto il personaggio
          ritratto non
          lascia dubbi: è Cesare d’Este, fratello di Eleonora d’Este,
          moglie di Carlo
          Gesualdo molto devota alla Madonna del Rosario.
          L’opera caravaggesca
          sarebbe stata commissionata, a mio giudizio, dal duca Cesare
          d’Este per la
          sorella Eleonora che sarebbe dovuta tornare a Modena, per la
          Chiesa di San
          Domenico maggiore di questa città che già aveva la cappella
          del Rosario. Con
          l’arrivo a Modena degli Estensi, nel 1598, la chiesa di S.
          Domenico aveva assunto
          maggiore importanza, dato che, per la sua posizione
          vicinissima al castello
          ducale, venne considerata chiesa di corte. Essendo rimasto inappagato, 
            deluso il desiderio che i rapporti di
          casa Gesualdo con gli Este si rinsaldassero tramite il
          matrimonio di Emanuele,
          figlio delle prime nozze di Carlo  Gesualdo con Maria
          d’Avalos, Eleonora d’Este premeva
          per ritornare a Modena. Infatti nell’autunno del 1607 invece
          fu annunciato
          l’imminente matrimonio di Emanuele con la principessa Boema
          Marta Polissena di Fürstenberg.
          Eleonora reagì insistendo per tornare comunque
          alla sua famiglia d’Este a Modena, mentre il fratello Cesare
          cercava in ogni
          modo di convincerla a rimanere presso il marito. 
 Non si sa se spossa
          riferirsi a questa Madonna
            del Rosario il documento addotto dal prof. Pacelli in
          merito al pagamento
          di un anticipo a Caravaggio nel 1607, per una non ben
          precisata opera. Si sa, tuttavia,  che
            il duca d’Este nel 1605 (due anni
            dopo la morte del cardinale Alfonso Gesualdo) versa degli
            acconti al Caravaggio
            (che quindi nel 1605 non è a Napoli) per la realizzazione di
            una pala (che
            quindi nel 1605 non è stata ancora finita !) destinata alla
            chiesa modenese di
            San Domenico, pala che è stata, per l'appunto, identificata
            nella Madonna
              del Rosario, ora a
            Vienna. E’ documentato che Cesare d’Este
               fu in
            contatto con i mercanti Finsor,
            Pourbus
            e Vink per avere informazioni
            sull’opera. Perchè Cesare
            d’Este avrebbe commissionato a Caravaggio la Madonna
              del Rosario ora a Vienna ?
            Per donarla, come
            suppongo, alla sorella Eleonora, che era devotissima alla
            Madonna del Rosario e
            che voleva colmare il vuoto lasciato a Taurasi dalla
            cessione ai Gesualdo della
            Madonna del Rosario di Giovanni Balducci. E’
            documentato nel suo testamento di morte che il cardinale
            Alfonso Gesualdo
            lascia a Eleonora d’Este, moglie di Carlo Gesualdo
            particolarmente devota alla
            Madonna del Rosario, la pala della Madonna del Rosario del
            pittore Cosci
            (Giovanni Balducci) che era a Taurasi.  A
            Ferrara Carlo
            Gesualdo aveva sposato Eleonora il 21 febbraio 1594 e
            nell’ottobre 1598, il
            cardinale Alfonso Gesualdo che si era allontanato da Napoli
            così scriveva in
            una lettera indirizzata a Cesare d’Este: “…ad Eleonora “nepoti
              dilectissimae” va un
            anello con rubino e “[…] unum
              quadrum picturae
              ut dicitur de devotione ad eius electionem […]” [3]  (dal
              testamento del card. Alfonso
              Gesualdo in data 24 ottobre 1600). La pala del
            Balducci entra così in
            possesso di Eleonora d’Este, che dopo le morti di Emanuele,
            per un banale
            incidente di caccia e soprattutto del marito Carlo, avvenute
            nel 1613 e prima
            di partire alla volta di Modena dove si rinchiuderà in
            convento, la donerà ai
            pp. Domenicani in Taurasi per la loro chiesa. In cambio
            Eleonora d’Este avrebbe
            potuto godere tutta per sé a Modena la Madonna del
              Rosario di
            Caravaggio, committente il duca di Modena Cesare
              d'Este
            che, nel 1605, ripeto, versò 
            degli
            acconti al Caravaggio per la realizzazione di una pala
            destinata alla chiesa
            modenese di San Domenico. Dunque,
            riepilogando,  la Madonna
del
              Rosario dipinta dal Balducci viene lasciata da
            Eleonora d’Este a
            Taurasi ed ella, dovendo partire per Modena definitivamente,
            si sarebbe fatta
            commissionare un’altra Madonna del Rosario dal
            fratello Cesare d’Este presso
            Caravaggio per la chiesa di San Domenico a Modena. A
          Modena, del resto, Eleonora rimase
            prima dall'ottobre del
            1607 al novembre del 1608, poi di nuovo dall'ottobre del
            1609 al novembre del
            1610. (Ipotizzo infine,
            sia pure per assurdo,
            persino che, a completare la Madonna in alto sarebbe stato,
            secondo me, addirittura
            Rubens, perché il volto della Madonna è simile al quello
            della Madonna
              della Vallicella a Roma del
            Rubens del 1608). Non
          è escluso che la figura del
            committente (Cesare da
            d’Este) possa essere stata aggiunta dallo stesso pittore
            fiammingo Pourbus che realizzò
            il Ritratto di Cesare d’Este
            nel 1606. Il
          quadro, poco dopo dalla sua esecuzione, fu, per motivazioni
          non ancora
          chiarite, messo in vendita e difatti, come testimoniato dal Pourbus,
          nel settembre del 1607 è già nelle mani del pittore-mercante Finson. Evidentemente il Finson
          non riuscì a vendere l'opera in Italia e la portò con sé nei
          Paesi Bassi. Ivi
          il quadro, nel 1617, fu acquistato, su suggerimento di Peter
              Paul Rubens
            – ennesimo episodio in cui il grande pittore dimostra la sua
            ammirazione per il
            genio del Merisi – da un gruppo
            di artisti di Anversa, di cui
            faceva parte lo stesso Rubens, e da essi successivamente
(presumibilmente
          nel 1620) donato alla chiesa dominicana della città fiamminga,
          la SintPauluskerk.[1]
          
Nutro
la
          convinzione che il fratello di Eleonora, Cesare d’este, si sia
          interessato
          personalmente all’acquisto del dipinto. Documenti attestano
          che Louis Finson, che si occupava 
          anche del commercio di opere d'arte, possedeva in
          comproprietà col
          mercante di Amsterdam
            Abraham Vinck due Caravaggio:
            una Giuditta e
              Oloferne e la Madonna
                del
                Rosario del 1606.[2]
Riccardo
Sica
            

Caravaggio, La
            Madonna del Rosario, Kunsthistorisches
              Museum, Vienna
Caravaggio,
          Part. Madonna del Rosario, Kunsthistorisches
              Museum di
          Vienna e Frans Pourbus il
              Giovane,
            Ritratto
            di Cesare d’Este, Accademia Nazionale di Scienze,
          Lettere e Arti di Modena.
(Il Ritratto fu
          ritrovato nella tarda
          primavera del 2010 in una collezione privata francese e
          segnalato da Leonardo
          Piccinini all’antiquario modenese Pietro Cantore, che lo
          acquistò a Parigi e lo
          portò a Modena alla fine di giugno dello stesso anno).

Giovanni
          Balducci, Madonna del Rosario, Taurasi 
[1]Wikipedia, La Madonna del Rosario di Caravaggio
[2] Maurizio Calvesi ipotizza che il
            committente
            dell’opera sia Luigi Carafa,
              duca di Mantova, che  chiede
              notizie del
              quadro al mercante d’arte 
              Frans
              Pourbus  che gli dà conto
            di una grande pala d'altare
            di mano del Caravaggio raffigurante «un rosario» in
            possesso, a Napoli,
            del pittore e mercante d'arte fiammingo Louis
              Finson Si veda
            anche Armand Baschet, "François Porbus. Peintre de portraits
            a la cour de
            Mantoue", in Gazette des Beaux-Arts, 1868, vol. XXV,
            p. 447, nonché
            La Galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627
              - 28: documenti
              degli archivi di Mantova e Londra, a cura di
            Alessandro Luzio, Milano:
            Cogliati, 1913.  Forse proprio alla Madonna del
              Rosario in
            questione si riferisce il prof. Pacelli 
            in New Documents concerning 
              Caravaggio in 
              Naples, The
            Burlinghton Magazine, n. 897, CXIX, 1977, pp. 819-829: “A
            Nicolò Radolovich
            ducati 200. E per lui a Michel Angelo Caravaggio dite per il
            prezzo di una cona
            de pittura che l’ha da fare et consignare per tutto dicembre
            prossimo venturo
            d’altezza palmi 13 e mezzo et larghezza di palmi 8 e mezzo
            con le figure cioè
            di sopra, l’Imagine della Madonna col Bambino in braccio
            cinta di cori d’Angeli
            et di sotto S. Domenico et S. Francesco nel mezzo
            abbracciati insieme dalla man
            dritta S. Nicolò et dalla man manca S. Vito”. (Il Cartastorie, Caravaggio; le sette opere e la pala
            Radolovich,
            Fondazione Banco di
Napoli,http://www.ilcartastorie.it/storie/caravaggio-le-sette-opere-e-la-pala-radolovich).