«L’etimo della parola “ricordo” rinvia, come è noto, a “cor-cordis”
latino: il “ricordo” è, cioè, una pulsione del cuore che riconosce
all’improvviso qualcosa che gli appartiene, qualcosa che ha lasciato una
traccia indelebile nelle sue fibre; se la parola ricordo rinvia al “cuore”, la
parola memoria rinvia alla “mente”; e la memoria è, infatti, pensiero razionale
che sceglie, classifica i fatti, secondo opportune gerarchie, e
consapevolmente, poi, la mente li deposita e li archivia». c
È su questo duplice aspetto, che connota una comune operazione mentale,
che intendo impostare il mio intervento sul ricordo di Armando delineandolo
attraverso il riferimento al sito avellinesi.it: alle istanze che portarono
alla realizzazione di quella che un gruppo di amici volle definire la memoria visiva del Novecento della
nostra città, Armando ha dato un contributo coerente e in linea con la sua più
cospicua produzione storica.
Il sito nacque nel 2007 da un incontro tra amici che – sgombrato il
campo da ogni possibile equivoco di facili e banali nostalgie per un passato
ovviamente improponibile – si riconobbero invece nel comune sentimento di dover
rendere giustizia proprio a questo passato, rendendolo visibile soprattutto
fotograficamente, con lo scopo di guardare al futuro della nostra città in
maniera possibilmente più lucida, più logica e più razionale, senza restare
prigionieri di un eterno presente deprivato della sua indispensabile continuità
con la storia.
Dunque un sito di immagini
fotografiche, con sporadici commenti verbali, perché la fotografia ha un suo
valore oggettivamente polisemico, condensando visivamente molteplici contenuti,
da quello artistico a quello storico, a quello di denuncia politica e di
impegno civile: a volerne leggere tutti i suoi aspetti, non si può fare a meno
di coglierne uno su tutti, cioè la sua capacità di auto-rappresentazione più
autentica della realtà stessa, perché, in definitiva, sunt lacrimae rerum.
Soggetti del sito sono gli avellinesi, ma
soprattutto l’idea di una
città così come viene delineata in un suo scritto da una critica
letteraria avellinese con le seguenti parole:
«Se
pensiamo, oggi, ad una città, ad una qualsiasi città contemporanea, la pensiamo
come aggregato di palazzi ed edifici di vario genere e varia destinazione,
raggiungibili attraverso strade trafficate e pulsanti di negozi e pedoni,
rumorose e, a volte, maleodoranti, in qualche caso costeggiate, altresì, da
alberi e giardinetti; di solito, inoltre,
pensiamo alle nostre città come luoghi particolarmente caratterizzati da
grossi centri commerciali, confinanti con aree industriali e periferie
fortemente cementate…certo non è difficile, dunque, condividere ciò che scrive
Marc Augè in relazione alla sua teoria sui “nonluoghi”, e, cioè,
che un
luogo, per essere “città”, deve avere
“tre caratteristiche essenziali: essere identitario - in grado quindi di
individuare l’identità di chi lo abita - essere relazionale - stabilendo una
reciprocità dei rapporti tra gli individui funzionale ad una comune appartenenza
- essere storico - mantenendo la consapevolezza delle proprie radici in chi lo
abita”. Altrimenti, “per sentirci in un contesto sociale non ci rimane che guardare lo
spettacolo degli altri che camminano e, a loro volta, ci osservano: uno
spettacolo dove attori e spettatori si confondono in un reciproco e continuo
scambio delle parti.” ». B.Sacchetti. Miti e Fiabe in
città, in Labirinti Letterari, 2021.
A delineare lo spirito di questo sito, in cui confluiscono anche gli
interessi di Armando, credo che non si possa aggiungere altro.
Significative, per un altro verso, sono le caratteristiche culturali del
primo nucleo di amici che realizzarono questo sito: provengono da formazioni
professionali per lo più di ambito scientifico, che vengono curiosamente dirottate
nella scrittura letteraria (Franco Festa), nella pubblicistica e nell’estetica
(Pino Bartoli), nell’arte fotografica (Mario Spagnuolo), nella produzione di
scritti storico-letterari come fa lo stesso Armando, un chimico, come Primo
Levi: bisognerebbe riflettere sulle cause che hanno prodotto questa
multidimensionalità culturale in alcune generazioni di italiani, non solo di
avellinesi. Forse sono le articolazioni di un’unica categoria di pensiero,
quella dell’impegno civile che in modo spontaneo e irrefrenabile non può non
tradursi in prassi attiva.
Successivamente hanno collaborato alla crescita e alla diffusione del
sito, affidato nel tempo all’operosità di Franco Festa e Pino Bartoli, altre
personalità, tra cui Geppino Del Sorbo e quelli i cui nomi sono presenti nelle
pagine del sito, ma va sottolineato che centinaia di avellinesi hanno
contribuito alla sua diffusione ed arricchimento inviandoci testimonianze, foto
e lettere, anche da diversi luoghi d’Italia, in cui avevano stabilito da anni
la loro residenza per esigenze lavorative: per molti di loro il sito ha
costituito la possibilità di ricongiungersi, se non di ritrovare le loro
radici.
Il sito ovviamente va esplorato e cercare di sintetizzarne i vari
aspetti non è cosa semplice in questo contesto e richiederebbe tempi lunghi
parlare per esempio delle rubriche in cui si è andato diversificando, come i percorsi cittadini, le foto di gruppo, le tracce di storia, il
dialetto e i modi di dire avellinesi, i
racconti dei testimoni del novecento, la
storia delle scuole avellinesi, la rubrica di lettere scritte per
chiedere chiarimenti, informazioni o esprimerci semplice gratitudine.
Ciò che il sito dovrebbe lasciare nel visitatore che vi si avventura è
comunque il senso dei cambiamenti che la nostra città ha dovuto subire, e non
sempre a causa di inevitabili eventi catastrofici come il terremoto dell’
Ottanta: sono spesso stati cambiamenti, per usare un immancabile eufemismo, ir-re-spon-sa-bi-li che hanno
cancellato le impronte della storia e della memoria storica, e a tal proposito
il mio pensiero va ad un significativo scritto di Milan Kundera “L’occidente rubato”, in cui l’Autore
afferma:
“Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si
distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro
scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro
un’altra storia. Dopo di che il popolo s’incomincia lentamente a
dimenticare quello che è e quello che è stato. E il mondo intorno a lui lo
dimentica ancora più in fretta! “.
Ecco, Armando
con il suo lavoro di ricostruzione e valorizzazione storica del nostro passato,
e noi di avellinesi.it con lui, ha il merito di aver reagito a questa
minacciosa prospettiva, incarnando ad Avellino una vocazione tutta italiana,
che non è solo quella ad un elevato tasso di sopportazione di fronte alla
santificazione tributata giorni or sono ad un leader politico scomparso, bensì
quella alla Resistenza: resistenza all’oblio, agli inestetismi urbanistici,
all’ignoranza civile e storica, al senso di non compiutezza e, dunque, di
disperazione quale solo i non-luoghi riescono a trasmettere, come accade a
certi centri commerciali o ad alcune stazioni ferroviarie. dicevamo, anche
perché l’etimo della parola “
Italo Calvino nel finale de “Le città
invisibili” fa pronunciare a Marco Polo queste parole:
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che
sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i
giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il
primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al
punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e
approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo
all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
Quindi, per non far parte dell’Inferno, è
indispensabile discernere e selezionare ciò che non è parte di esso: la
letteratura, la scrittura, l’impegno a preservare e valorizzare la conoscenza
del proprio passato per poter progettare il futuro sicuramente non fanno parte
dell’inferno, e sono state le prerogative di tanti avellinesi intellettualmente
onesti come è stato ed è Armando Montefusco.
24 giugno
’23
ENRICO CAMMIN0
PER LA SERATA IN
MEMORIA DI ARMANDO MONTEFUSCOinf121444atti,
non è mai una selezione consapevole, anzi esso possiede una strana e nascosta
astuzia subliminale: scatta nota. Ma in ogni caso il ricordo sollecita sempre i
vissuti che lo hanno costruito, a cui il cuore ritorna con pulsione proustianamente
dal profumo di un biscotto bagnato nel the, o, più empiricamente, come accade
all’io narrante del romanzo di Francesco, dal ripercorrere una strada ben