Dal CORRIERE, quotidiano dell'Irpinia, 11/09/2009

E’ una città che vede sparire giorno dopo giorno i suoi simboli Avellino, simboli legati anche ad esercizi commerciali che hanno segnato la storia della città e della sua comunità, diventati parte integrante dell’arredo urbano e insieme dell’immaginario degli avellinesi. Negozi - e si fa quasi fatica a chiamarli con questo nome - come “Ananas & Bananas”, per tanti anni baluardo della musica in città, che ha chiuso i battenti nei giorni scorsi, solo l’ultimo di una lunga serie che ha visto, prima dell’esercizio di Corso Vittorio Emanuele, dall’inconfondibile colore verde, altri negozi seguire lo stesso destino, ristoranti come “Il Soldatiello” o “Sofia”, negozi come “Disco Club 64”, caffè come il Bar Nazionale o Lanzara, che hanno abbassato l’uno dopo l’altro, per sempre, le saracinesche. Una parabola, quella del commercio cittadino, che risente certamente della crisi economica che attanaglia piccole e medie imprese, dei mutati gusti e costumi dei consumatori ma che si ricollega anche ad un declino della città, costretta a rinunciare, inesorabilmente, a quegli spazi che per anni hanno rappresentato il suo fiore all’occhiello. E non è certo un caso che anche in altre città come Napoli le botteghe storiche facciano fatica a reggere la concorrenza della grande distribuzione, tanto da chiedere dei contributi al Comune per «tutelare le attivita' commerciali storiche dei centri urbani che svolgono una funzione non solo economica, ma anche sociale». Quella funzione, appunto, che svolgeva un negozio come “Ananas & Bananas”, guidato dall’infaticabile Michele Acampora, dove non ci si fermava solo per comprare un disco, ci si confrontava, si chiedevano consigli sui cantanti da ascoltare ma si parlava anche di sport, di politica, un modo di concepire il commercio che oggi appare lontano anni luce dalla realtà attuale. E’ Gianluca Amatucci a lanciare un allarme forte sulla crisi che vive la città «Con la chiusura di Ananas & Bananas, la città perde non soltanto un pezzo della sua storia, ma anche un punto di aggregazione per i giovani. Non sono certo l’unico che ha comprato il suo primo disco da Michele, lo ricordo ancora, era un 45 giri dei “Viva Verdi”, gruppo musicale italiano lanciato da Cecchetto. Era un luogo di confronto, in cui si parlava di questo o quell’altro artista, di come era cambiata la musica con l’avvento del cd, dei prezzi dei dischi troppo elevati per i giovani, di come Internet stava trasformando la musica. Era lo spazio dove poter acquistare biglietti in prevendita, perdersi nell’infinita collezione dei dischi in vinile, soffermarsi sulla locandina di un artista, quasi un altro mondo. Ecco, mi sembra che spazi come questi ad Avellino non esistano più. I ragazzi se ne stanno inchiodati davanti alla televisione o davanti Internet, il mondo reale non conta per loro e a venire meno sono proprio quei rapporti umani che credono di coltivare con i social network. E la politica non può non essere colpevole del degrado della città, è sorprendente come oggi i partiti politici non abbiano nessuna incidenza reale sulla vita dei giovani, in nessuna federazione ci sono più di dieci iscritti che frequentano il partito. Certo, ci sono i pub ma tutto finisce dopo aver mangiato un panino e bevuto un bicchiere di birra. Gli unici spazi che conservano un forte potere aggregativo sono lo stadio, i campetti da calcio e il Palazzetto. Per i giovani, qui ad Avellino, non c’è più nulla, lo dico con amarezza, è inevitabile che anche i negozi che hanno fatto la storia della città finiscano per perdere la propria ragion d’essere». A consegnare un’analisi dettagliata dello stato del commercio in città e insieme del particolare clima che vive Avellino è anche Tonino Petrozziello, titolare di una libreria al Corso, che è forse uno dei pochissimi negozi che continuano a non essere solo negozi «Il discorso si presta a una duplice riflessione. Da un lato Ananas & Bananas è una delle tante attività commerciali entrate in sofferenza, su cui hanno inciso sicuramente la mutata tipologia del consumo di musica da parte dei giovani, in particolare, ma anche fattori come i lavori che hanno caratterizzato il Corso, negli ultimi quattro anni, con la scelta della pedonalizzazione, interventi che hanno avuto effetti negativi sugli affari di tutti i commercianti del centro città. Ma la chiusura di Ananas & Bananas è anche un dato che va al di là anche della situazione del commercio in città, è il segno di un degrado che vive una comunità come la nostra e non ci sono dubbi che la fine di un riferimento aggregativo culturale, come quello rappresentato dal negozio di Michele, possa avere anche una ricaduta negativa sulle nuove generazioni». A Michele Acampora che lo indica come l’ultimo animatore di uno spazio commerciale e insieme fortemente sociale Petrozziello risponde che certamente «C'è una similitudine forte tra la tipologia dei consumatori della mia libreria e del negozio di Michele, legati a una conoscenza solida di letteratura e musica che si innesta su un forte elemento di passione. E così non mi stupisco quando parlano della mia libreria o del negozio di Michele come di due baluardi di resistenza, forse disperata. Tuttavia, lo ripeto, sono convinto che nel momento in cui vengono meno gli spazi di libertà artistica e culturale, a farne le spese è la formazione dei giovani. Assistiamo ad una perdita di valori, legata a una crisi di istituzioni come famiglia e scuola, non ci sono dubbi che l'istruzione sia responsabile di quelle che sono le basi della formazione. Uno Stato che non sostiene la cultura e l’istruzione non può produrre effetti positivi, ci troviamo di fronte ad una classe di amministratori senza qualità che non fanno altro che facilitare la fruizione di modelli che nuocciono alla crescita dei nostri figli, alimentando disagi e disperazione». A chi gli chiede se c’è spazio nell’età globale per un diverso modo di concepire il rapporto negoziante consumatore, risponde che è possibile solo «cercando di fondere la passione con la conoscenza, evitando l’approssimazione. Ce n’è già tanta in giro»

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