Bellizzi Irpino tra fine Ottocento e anni ’20

Dai “Ricordi”

dell’Arciprete di Bellizzi Irpino

Annibale Cerulli

A cura di Giovanni Carullo

Le foto hanno valore descrittivo, non sono collegate al testo

“Era una notte in sul cader del Marzo 1906, e a noi sembrava eterna, tanto si era prolungata. Gli orologi suonavano le dieci del giorno seguente e le tenebre aumentavano. Io ero solo in camera con una vecchia zia, quando una forte scampanellata mi sorprese, quella notte mi trattenni molto a leggere e presi sonno tardi; mi alzai, il sagrestano con le lacrime agli occhi, mi additava uno spettacolo triste e spaventoso, lo sterminator monte Vesuvio, in quel di Napoli, eruttava, con terribili cupi boati, cenere fitta e cocente, mista  a lapillo. Le popolazioni prossime al vulcano ebbero immensi danni, tanto che furono soccorse dalle Nazioni Europee”

Così Annibale Cerulli, arciprete di Bellizzi Irpino,  nei suoi “Ricordi” , racconta l’esperienza terrificante dell’eruzione del Vesuvio che ebbe inizio il 4 Aprile 1906 con l’apertura di uno squarcio a circa 1.200 metri di quota e che sarà poi paragonata a quella del 79 dopo Cristo,  con l’altezza del vulcano che si abbassò da 1.335 a 1.100 metri  ed una nuvola di cenere e lapilli che nei giorni successivi, superando i cieli di Avellino e Foggia,  arrivo’ fino alle coste pugliesi, a Bari e Barletta.

“ I cittadini di Bellizzi” continua l’Arciprete “ svegliatisi e spaventati a sì tremendo castigo, corsero in Chiesa e suonarono precipitosamente le campane, coperte di cenere abbastanza calda, se ne ruppe una, per fortuna la piccola, di circa kilogrammi 50. Per tale doloroso evento rimasi dispiaciuto e proposi di rifarla ingrandita col soccorso del popolo.  Il 1909 si fece l’elezione dei deputati politici e siccome la maggior parte degli elettori votarono per il nobile Cav. Alberto Di Marzo, questi, riuscito eletto, pose anche il suo obolo in Lire 300, che unite alle 420 che avevamo in serbo, furono spedite all’artista Don Michele Sorrentino di Sant’Angelo dei Lombardi, il quale nel giorno 10 Luglio dell’istesso anno ci fece tenere la nuova campana dal peso di quintali due. La prima domenica di agosto, da me benedetta, con solenne rito e con un discorsetto all’uopo, fu salita sul campanile a nuovo fabbricato dagli appaltatori Raffaele ed Evaristo Cerulli, i quali, oltre alla sottoscrizione, vollero dare anche gratis l’opera loro : detta campana in totale costo’ lire 730, piu’ il metallo di quella rotta”

Qualcosa in piu’, 784 lire piu’ un chilo di soldi fuori corso per sfrido furono necessari nel 1927 per rifare la campana che alcuni piccoli giovinetti avevano rotto suonando a festa e senza alcuna attenzione   durante la processione del Corpus Christi del 3 giugno dell’anno precedente. Il lavoro fu di nuovo affidato, previa conveniente elemosina fra il popolo, ad un artigiano di Sant’Angelo dei Lombardi e l’opera ne risultò cosi’ perfetta da essere esposta ad Avellino in occasione della prima Mostra Regionale Irpina che si apri’ al pubblico il 18 settembre 1927 con feste grandiose alla presenza  del Ministro dell’Agricoltura

Piu’ costosa, 1.250 lire, era risultato invece, nel 1889,  il restauro della Chiesa,  della quale il soffitto era già caduto, mediante l’opera dei pittori Nicola e Pellegrino Iandoli di Avellino, con l’obolo dei fedeli e con un bel gruzzolo dei miei denari, in tempo assai calamitoso

Dopo aver vissuto in Seminario “per ben dodici autunni” il 30 Maggio del 1885, “all’età’ di anni 23 e 6 mesi”  Annibale Cerulli era stato ordinato Sacerdote da S.E. Mons. Francesco Gallo, Vescovo di Avellino. Dopo aver ripassato la Teologia Morale sotto la guida del Molto Rev. Padre Gaudioso da Napoli, Guardiano dei Frati Cappuccini ed emerito Lettore, aveva potuto  sostenere gli esami che gli consentirono di “ottenere la confessione del sesso maschile tantum, essendo ancor troppo giovane”. Intanto Don Luigi Curcio, anche a causa della caduta del soffitto della Chiesa,  si era ritirato ad Avellino, sua terra natale, e Bellizzi era rimasta “orba di parroco”.

Cosi’ racconta la sua desiderata  e contrastata nomina ad “Arciprete di Bellizzi” : “ Il 25 Agosto 1886 il sindaco, Federico Iannaccone, e l’economo della festività di Santa Maria di Costantinopoli, Antonio Iannaccone (…) offrirono a me questa nomina, dopo non poche angustie sofferte, e per la giovane età – che veramente era un pretesto – e perché qualche avellinese – ed era la vera ragione – affacciò le sue non rette pretensioni. Eravamo a Settembre e non so che di mistero parmi regnasse nella Curia Vescovile , io tranquillo aspettavo …  quando il giorno 6 d’improvviso mi pervenne il rituale affisso (…).Presi possesso ai 17 ottobre, giorno dedicato alla Maternità di Maria Santissima.  Per essere stato fatto Arciprete nella giovine età di 25 anni, molti, anco fra i preti dei paesi limitrofi, di tanto in tanto si studiavano farmi qualche dispettuccio, ma colla grazia di Dio e con l’aiuto della Vergine di Costantinopoli, superai ogni ostacolo, e , scrupolosamente attaccato al mio dovere, feci sempre del bene, specie ai miei nemici, e ciò per la gloria di Dio e per far a certuni comprendere che io non avevo animo cattivo, né cercavo vendetta”

Non sono, tuttavia, solo   le abitudini e i costumi  della Curia Vescovile e dei preti dei paesi limitrofi a turbare l’animo del neo-sacerdote. Anche l’ambiente  e il mal-costume del piccolo Comune di cui e’ guida spirituale lo sconvolge  e gli fa scrivere, senza tuttavia mai perdere la speranza in  una redenzione morale per la quale richiama il profeta Isaia   :

 “ Tre anni erano trascorsi della mia vita arcipretale e per quanto piu’ intimamente consideravo i costumi e le passioni dei miei paesani, per tanto mi avvedevo che erano assai dediti  alle maldicenze, calunniando perfino gli innocenti e tenevano  purtroppo alle pubbliche amministrazioni, e si dilaniavano per occupar cariche, specie poi i meno considerati che si rendevano ardimentosi e piu’ insopportabili per la loro raffinata ambizione. A tanta corruttela mi sanguinava l’animo ed in accordo con gli onesti e i timorati di Dio, che non amavano le  mondane e ricercate pompe ed onori, fiaccammo l’orgoglio dei tristi e richiamammo la pace in questo dilaniato villaggio, per il quale si può dire : multiplicasti gentem, sed non magnificasti laetitiam. Lo raccomando caldamente al Signore, che gli sia misericordioso” . L’amore per la sua gente e la fiducia nell’opera della parola di Dio  emerge ancora piu’ avanti : “Ho sempre stimati i miei paesani, che, alla loro volta, hanno (…) spesso compatiti i miei piccoli scatti di sdegno. Seguirò quindi a prediligerli come fratelli sino all’ultimo giorno che il Signore mi concederà di vivere in questa valle di lacrime”.

Non meno preoccupato ed attento l’Arciprete Cerulli si mostrò nei confronti del decoro paesaggistico di Bellizzi ed i tigli che ancora oggi ombreggiano l’ingresso del Cimitero furono dallo stesso  messi a dimora “che se alle amministrazioni future non gli viene il ticchio di farli recidere, come spero, sfidando i secoli, segneranno le generazioni , che trapassarono a miglior vita”.

Allo stesso Arciprete si devono le statue di Santa Lucia e Sant’Antonio che ancora dimorano all’interno della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Bellizzi Irpino : “ Fu ordinata nell’anno 1899 ad un mediocre artista la statua di Santa Lucia; essendo meschina la somma, fu pure di poco pregio la statua. Nel 1912 poi il Sindaco di questo Comune signor Don Girolamo Arminio, che ha avuto sempre una vivissima fede per Sant’Antonio, ne ordinò la statua ad una rinomata ditta di Lecce. Alle lire 160 da lui elargite si unirono altre lire 115 (…) e furono inviate all’artista che ci fece tenere la statua del Santo il di’ 12 luglio 1912, ed il giorno seguente da me benedetta, si fece una discreta festicciola (…), ed il popolo rimase pienamente contento. La nicchia fu costruita dal falegname Luigi Iandoli per lire 115”

Alla sua venerata chiesa, accio’ da posteri si sappia il nome della donatrice,  Annibale Cerulli fece altresì dono del terziario in nigris ( tonacelle con piviale) ricevuto   dalla “distinta e nobile signora donna Giulia di Marzo, nata dall’illustre giureconsulto Giuseppe De Marinis, senatore del Regno , moglie del chiarissimo Avv. Alberto Di Marzo, deputato del Parlamento Nazionale.”

Trova spazio nei Ricordi dell’Arciprete anche il suo essersi dichiarato patriota con la stessa forza con cui si sentiva fervente cattolico e nel periodo della Grande Guerra con “fervore ed ardimento ritiene di aver fatto tutto quello che ho potuto, con conferenze, con scritti per la grandezza dell’Italia, dando financo alla luce per la stampa vari volumi di poesie, decantandone patriotticamente le magnificenze”. Questo impegno gli consentirà il 5 giugno 1922 di  essere nominato, ,   Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia da S.E. prof. Antonio Anile, Ministro della Pubblica Istruzione, geniale letterato ed elegante poeta,  su proposta del prof.re  di Filosofia del Diritto e deputato Alfredo Bartolomei.  

 

Privacy policy