DICHIARAZIONE D'AMORE ALLA DOGANA
La sera di un sabato di novembre del 1997, la vigilia dell'anniversario del terremoto.
Un trentenne e una diciottenne escono da una vineria del centro storico di Avellino.
E' la loro prima uscita, ma è già chiaro l'interesse reciproco. La scelta del trentenne voleva essere un modo per raccontarsi: un locale "impegnato" e distante dai luoghi e dai cibi comuni: salsiccette di maiale, formaggio di qualità e vino pregiato. Il piatto e il bicchiere del trentenne sono vuoti prima ancora che la formula di rito della dichiarazione d'amore sia pronunciata, ma egli guarda angosciato il piatto e il bicchiere della diciottenne, intatti. Le parole giungono come il presagio di un fallimento, di una storia iniziata già con decisioni scolpite su gusti e suggestioni singolari: "Sono astemia dalla nascita, odio il formaggio e mangiare cinghiale mi fa senso".
I due attraversano le stradine del centro storico in silenzio, studiando la mossa successiva: il trentenne ha parcheggiato l'utilitaria di suo padre dinanzi a quello che un tempo fu il Cinema Umberto, e ora stanno andando a recuperarla; lui ha anni sufficienti per ricordare le notizie ascoltate dalla radio portatile quella notte lontana trascorsa in macchina con il giubbotto pesante: "si segnalano gravissimi danni al centro storico di Avellino, i morti sarebbero decine; ma si tratta di cifre destinate ad aumentare".
Formule di rito che mentre cammina spalla a spalla con la diciottenne dallo sguardo immenso diventano immagini di terrore e urla di angoscia che riesce a percepire immaginando l'inferno di quei momenti, andato in scena in quegli stessi luoghi che adesso lui attraversa con il cuore colmo di speranza.
Quando raggiungono l'automobile il trentenne non sa cosa pensare; forse non ha sbagliato solo locale e menu, ma sospetta di aver sbagliato anche il luogo: per la sua generazione il terremoto ha rappresentato uno spartiacque, la linea d'ombra tra infanzia e anticamera di una maturità che tarda a raggiungerlo; per la ragazza che gli cammina di fianco è solo un racconto come tanti altri di eventi che non ha vissuto e che non può ricordare.
Sono le parole della diciottenne a riportarlo al presente: "La mia risposta, comunque, è sì".
Adesso sono fermi proprio davanti al vecchio cinema e quelle parole danno coraggio al trentenne, che prova a baciare sulla guancia quella ragazza che ora è sicuro di amare. La testa di lei però scarta impercettibilmente di lato e le labbra fendono l'aria raccogliendo il suo profumo come una promessa che sa di attesa: un'altra mossa sbagliata, o forse solo affrettata; il trentenne fa per scusarsi ma sa che è meglio lasciar perdere, per quella sera.
Oggi quella diciottenne è moglie e madre, e il trentenne di allora è uno degli uomini più fortunati del mondo.
La magia della Dogana: la forza della storia e della memoria; la necessità di essere se stessi come istinto di sopravvivenza.
Crescenzo Fabrizio