C’è stato il tempo che ero bambino

il ricordo di mio padre, a cavalcioni dei leoni

conosceva a memoria l’iscrizione nobiliare

”Vetustate pene collapsam…” quasi tragica profezia

 

E il velluto rosso delle poltroncine

Lusso invidiabile e invidiato, fin tanto che non serviva

per farne pezze da scarpe, di giovani

adusi a brillantina e calzature in vernice

 

E la mano nella mano, l’abbraccio sulla spalla, nel buio

Fino a che il tetto non s’apriva alla confortevole sera

E alle stelle nel cielo, che venivano a curiosare nella sala strapiena

E si era allora soltanto, ancora (per quanto?), semplici amici

 

Oggi cos’è che manca ? Il ricordo ? La coscienza ? La fede ?

No.

E’ solo la notte che avanza.

 

Fiore Candelmo

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