Era un giovedì quel 17 dicembre 1992. Le voraci fiamme di un violento incendio, scoppiato nella notte, avvolsero il cinema Umberto, ospitato nell’antico edificio della Dogana distruggendone interamente la struttura. Fu risparmiata per fortuna la storica facciata, da poco restaurata, che da allora venne ingabbiata da una fitta rete di tubi.

     Che spettacolo desolante! Iniziava così l’”agonia” della Dogana. Giorno dopo giorno, lentamente, ma inesorabilmente,

     Dopo circa 18 anni non valgono a preservarla dall’erosiva azione del tempo e dall’incuria umana gli accorati appelli di intellettuali e di semplici cittadini, mossi dal desiderio di recuperare un’opera d’arte, simbolo della potenza dell’illuminata famiglia principesca dei Caracciolo, e memoria importante della nostra storia.

     Si prenda a modello il giovane Francesco Marino, che fece rinascere il vecchio granaio, caduto nel degrado dopo la peste del 1656, servendosi dell’opera del più grande architetto del viceregno di Napoli, Cosmo Fanzago, che lo ridisegnò, con un felice connubio di linee barocche con fregi e statue classiche e d’epoca, come una quinta teatrale del palcoscenico costituito dalla civettuola piazza Centrale.

     Era il cuore pulsante di tutte le attività mercantili e brulicava di gente che, sotto lo sguardo ingenuo e gentile di Carlo II, il reuccio di bronzo e all’ombra della svettante Torre dell’orologio, si aggirava tra le tante botteghe artigiane e le taverne.

     Se amiamo Avellino, tutto questo deve rinascere. Occorre che amministratori e istituzioni locali, soprintendenza, enti privati, come banche ed assicurazioni, associazioni culturali, raccogliendo i pressanti inviti del Comitato “Salviamo la Dogana”, collaborino e si adoperino con sensibilità e responsabilità alla tutela del patrimonio artistico.

 

  Gerardo Pescatore  

 

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