Il monastero di San Giovanni e la Chiesa di Monserrato

 

di ARMANDO MONTEFUSCO

 

 

Chiesa e Monastero di S.Giovanni Battista

 

La chiesa di S.Giovanni Battista è l’unica ,sotto questo titolo, che ancora oggi si conserva, seppure in uno stato di precarietà e di abbandono. Essa è meglio nota come “Chiesa di Monserrrato”, dal nome di un’antica confraternita eretta nella seconda metà del secolo XVI. Accanto alla chiesa vi è un consistente corpo di fabbrica che oggi ospita le suore stigmatine e . che in origine era un monastero benedettino, di proprietà dell'abazia di Montevergine.          

A metà '500 la zona era considerata al di fuori del centro cittadino e veniva genericamente detta "la Strada", con evidente riferimento alla "Strada Regia delle Puglie". Da qui il nome di "S.Giovanni della Strada" che troviamo nei più antichi documenti che si riferiscono a questo complesso monastico.

Nel luogo dove sorse il monastero di S. Giovanni ,esisteva già un’antica chiesa dedicata a questo santo; infatti il Bella Bona così scrive :< Fù detta Chiesa di S.Giovanni Battista ,non sò se dal tempo consumatore ò per cagion di guerre,rovinata: havea il suo Rettore, et a vescovi spettava conferir la Rectoria; per la qual causa un oratorio e la chiesa , che è ora in essere nè fu eretta. >

E’ completamente errata l’ipotesi  sostenuta da Ovidio de Luciis , secondo la quale la chiesa di S.Giovanni della Strada e l'annesso monastero, furono donati alla congregazione di Montevergine, nel 1125 da Rainulfo, "principe" di Avellino e da sua moglie Matilde, sorella di Ruggiero II il normanno Per quanto già il Bella Bona ne avesse dimostrato l'infondatezza storico-cronologica  diversi scrittori posteriori, dal De Franchi a Zigarelli, accettarono l'ipotesi del de Luciis.

Molto probabilmente l’antica chiesa di S. Giovanni della Strada , a cui accenna il Bella Bona, venne ristrutturata sotto il governo dei “de Cardona” e accanto ad essa venne poi costruito ,dalla marchesa Maria , il  monastero affidato ai benedettini di Montevergine.

A supporto di questa ipotesi , può giovare una "notizia" , inserita in un manoscritto del '700, in cui, sotto la data del 28 giugno 1559 , viene riportato quanto segue:<< In quest'anno per ducati 180 fu venduto il principio della fabbrica del Priorato (benedettino) di Chiusano al magn.co Luzio Trammaglia e detto denaro fu applicato nella fabbrica del Priorato di Avellino, avendoci la Sig.ra Marchesa (de Cardona) di Avellino , donato la Chiesa di S. Giovanni nel 1557 >>

 

 

       

 

 

Fondazione  del complesso monastico Sec..XVI

 

La storia cinquecentesca di Avellino è, senza dubbio, caratterizzata  dalla presenza della nobile famiglia catalana dei "de Cardona" . Nel 1507 la contea  venne affidata a Giovanni de Cardona , che aveva sposato Giovanna Villamarina , nipote del Vicerè. Morto Giovanni nel 1512, in seguito ad una ferita riportata in battaglia contro i francesi, gli successe nel 1513 la figlia Maria, ancora minorenne.

La contessa Maria de Cardona  non ebbe una "felice" vita coniugale: rimasta vedova del primo marito, il cugino Artale de Cardona, sposò in seconde nozze il nobile Don Francesco d'Este, che le vicende politiche e militari di quel secolo tennero spesso lontano dal tetto coniugale. Entrambi i matrimoni furono senza eredi , anche se con l’Estense “generò una figlia che morì nelle fasce”. I cronisti ci tramandano questa donna come dotata di singolari virtù: amante dell'arte, della letteratura, della musica ma soprattutto dotata di grande comprensione per le umane miserie e di un profondo senso religioso .

Dopo essere stata , per circa mezzo secolo la "Signora" di Avellino, morì nel 1563, lasciando numerose testimonianze della sua presenza, specialmente per quanto riguarda il suo impegno nei confronti di diverse istituzioni religiose della nostra regione.

Gran parte di esse sono andate perdute. Il monastero e la chiesa di S.Giovanni Battista, pur nelle numerose traversie del "passato" e a dispetto dell'incuria del "presente", ancora resistono.

La storia "documentata" del Priorato di S. Giovanni ha inizio nel 1557, quando la contessa Maria de Cardona concepì l'idea di far sorgere accanto alla chiesa di S.Giovanni della Strada, un monastero, forse proprio per dare maggiore dignità a quella chiesa che ricordava nel titolo il nome dei  suoi  genitori .

Nelle intenzioni della de Cardona, il monastero doveva essere affidato alle cure dei monaci della Congregazione di Monte Luco della città di Spoleto.  Le trattative  procedevano    bene: era stato ottenuto l'assenso sia del Priore dell'Ordine sia del vescovo di Avellino , quando un incomprensibile  ripensamento "ne la ragione n'è sinora palese.." , da parte dei  monaci non diede seguito al progetto.Dopo la rinuncia dei monaci di Monte Luco, la Contessa si rivolse ai benedettini di Montevergine, di cui apprezzava la condotta di vita e verso i quali aveva mostrato, già in precedenza, particolare prodigalità.Questa volta le trattative andarono a buon fine: il vescovo Ascanio Albertini dava il suo assenso con la Bolla del 23 aprile del 1558, nella quale, fra l'altro, si specificavano i termini della donazione fatta dalla Contessa: <.......una(m) domum prope ecclesiam Sancti Iohannis Baptiste sitam extra civitatem praedictam intra pontem ecclesiae S.Pauli et ecclesiam S.Spiritus, ad presens propter malorum temporum indispositionem dirutam ..(qui sarebbe sorto il monastero ) ....cum campanili humili, campaniis, Cimiterio, Claustro , refettorio dormitorio , orti , et ortaliis ,et aliis necessariis officiniis.....(la donazione prevedeva la stessa chiesa di S.Giovanni)...ac Ecclesiam eadem pro eorum...>

La donazione della chiesa di S.Giovanni non trovò alcun ostacolo da parte del vescovo Albertini, il che ci conferma che essa era di patronato della de Cardona, anche se la contessa aveva concesso al capitolo Avellinese dei benefici, come quello di nominare il rettore. Quando la chiesa passò ai verginiani, la “Rettoria  di S.Giovanni” venne trasferita nel soccorpo della Cattedrale.

La “de Cardona” aveva messo a disposizione dei monaci la chiesa di S.Giovanni ed una discreta area su cui doveva sorgere il monastero. Occorrevano quindi  i fondi per dare inizio  alla realizzazione del progetto : nel giugno del 1559, gli amministratori di Montevergine, misero a disposizione 180 ducati, mentre nell’ottobre dello stesso anno, altri 200 vennero offerti dalla Università di Avellino  a patto che i governatori di Montevergine si impegnassero attivamente nella costruzione del monastero. Verosimilmente i "patti" furono mantenuti, tant'è che in una pergamena del 1560 troviamo documentato " fra Giovanni Tommaso Mazzarotto, di Mercogliano, priore della chiesa di S.Giovanni de la Strada, in Avellino. Ormai il monastero di S.Giovanni era entrato a pieno titolo a far parte della grande famiglia delle dipendenze di Montevergine; infatti, nel 1565 , il detto priore Mazarotto partecipò, insieme a tutti i responsabili delle  dipendenze verginiane, ad una missione presso la Santa Sede

E' un momento felice per il "nostro" monastero: quella "famiglia", arricchita di ben otto monaci e quattro chierici,a partire dal 1567 e fino al 1575 , si mantenne sempre numerosa , come risulta dagli " Atti di Sacra Visita" relativi a questo periodo

 

    

La crisi del monastero a fine Cinquecento

 

E' difficile poter stabilire quali furono le cause che portarono il monastero di S.Giovanni,dopo circa 25 anni di intensa attività, a vivere un graduale ma costante periodo dalla fine del secolo XVI fino agli inizi del XVII.

Gli "Atti di Visita" di questo periodo ci danno una precisa  testimonianza di questa condizione di estrema precarietà : così nel 1594 fu scritto  :<..ci sta solamente un priore, et un clerico che si dice offerto..> ed ancora <...la chiesa è mediocre e poco ben tenuta..> . Nel 1596, anche l'ultimo monaco era andato via; la chiesa venne affidata all'arciprete di Avellino <..il quale haveva pensiero di servire detta chiesa>; né le cose mutarono agli inizi del nuovo secolo; difatti nel 1602 :< ...si visitò la chiesa di S.Giovanni d'Avellino .Le case stanno affidate a particolari e la chiesa fu ritrovata che si serviva di messe da un prete secolare a spese della Congregazione (di Monserrato). Stava maltrattata de riparatione...> .

In realtà , a fronte di questo evidente periodo di crisi che sconvolse la vita del monastero avellinese, c'è da registrare una frenetica attività da parte dei monaci  della congregazione che proprio in questo periodo riuscirono dopo decenni , a liberarsi dalla "innaturale" soggezione nei confronti dell'Ospedale dell'Annunziata di Napoli, che aveva prodotto non pochi danni morali e materiali. E' probabile che fu proprio la "ritrovata" autonomia a causare  momenti di sbandamento, ad aggravare la crisi finanziaria, dovuta principalmente alle numerose appropriazioni indebite da parte dei governatori dell'Ospedale dell'Annunziata. In questo stato di incertezza è comprensibile che i verginiani dovettero "abbandonare al proprio destino " proprio quelle "case"  che richiedevano maggiori interventi. Comunque un tentativo per risollevare le sorti del monastero di S.Giovanni venne tentato nel 1587, quando si progettò una permuta con i padri camaldolesi dell' eremo Incoronata d S. Angelo a Scala . 

A costoro Montevergine  avrebbe ceduto  il monastero di S.Giacomo di S.Angelo a Scala ed in cambio  avrebbe avuto il monastero di S.Paolo di Avellino che, come abbiamo visto, sorgeva poco distante da quello di S.Giovanni. Evidentemente quest'ultimo non era più idoneo ad accogliere decentemente i monaci, per cui ,per evitare spese di ristrutturazione,si pensò di utilizzare quello di S.Paolo . Purtroppo la permuta non fu mai realizzata e il monastero di Avellino continuò a patire i mali dell'incuria.

  

La nascita della confraternita di S.M.di Monserrato

 

Malgrado l'evidente crisi che investiva il monastero, la chiesa di S.Giovanni  viveva in questo periodo un momento particolarmente importante per la sua storia. Infatti, nel 1583, quattordici cittadini avellinesi, appartenenti alla nobiltà e ricca borghesia della città, fra cui gli Offiero, Spatafora , Alvino, Festa, Toro, costituirono un sodalizio sotto "l'invocazione" della Madonna di Monserrato. 

Il culto della "Madonna di Monserrato" era piuttosto recente, in quanto esso , introdotto dagli spagnoli, si era affermato in Italia nella prima metà del XVI secolo. Nella nostra diocesi ebbe un discreto successo, in quanto, oltre che ad Avellino, altari dedicati a questo culto si ritrovano a Montefredane- Gesualdo- Paterno.

.Nella chiesa di S.Giovanni al momento della fondazione della confraternita, già esisteva un altare dedicato a questa Madonna "..sita intus dicta ecclesie..", come si legge nell'atto di fondazione del 1583. Ci sembra quindi non priva di fondamento l'idea che sia stata proprio la de Cardona ad introdurre nella nostra città questo nuovo culto

.Dopo che furono stabilite le specifiche competenze e spettanze da osservarsi da parte della confraternita e del Priore del monastero, quest'ultimo si impegnò a cedere un'area di circa 20 metri quadrati per costruire ,dalla parte destra della chiesa ,una dignitosa cappella con la fossa per le sepolture ed ancora  un'area di circa nove metri quadri per una piccola sacrestia. Probabilmente , in questo periodo, fu la stessa confraternita a commissionare la prestigiosa statua lignea rappresentante, nella sua forma più classica, la Madonna di Monserrato con il bambino che regge il Globo

Quasi certamente , comunque, i primi anni di vita del sodalizio, furono negativamente influenzati dalla crisi che attanagliò verso la fine del '500 i verginiani di S. Giovanni. In questo periodo, infatti, il monastero era disabitato e le cure della chiesa vennero affidate ad un prete secolare , che solo occasionalmente l'apriva per celebrare qualche messa.

 

 

 

Il "nuovo" monastero di S.Giovanni

 

Fra le cause della decadenza del monastero , bisogna senz’altro considerare  la morte della de Cardona nel 1563, che privò questa istituzione della sua principale benefattrice. In mancanza di eredi , infatti, la contea di Avellino,  passò alla Regia Camera, e, dopo alcune vicende, fu acquistata dai Caracciolo-Rossi. Fu proprio questa nobile famiglia a dare un nuovo e più duraturo impulso al monastero di S.Giovanni; difatti Camillo Caracciolo, figlio di Marino, primo principe di Avellino, il 10 gennaio del 1614 , stipulava un accordo con l'abate di Montevergine per dar vita ad un ampio piano di ristrutturazione dell'intero complesso monastico. Questa "convenzione" ,oltre ad essere un documento di indubbio valore storico, ci dà l'opportunità di cogliere un interessante spaccato di vita seicentesca : la qualità e la particolarità dei privilegi richiesti insieme alla ricercatezza che da essi traspare , rappresentano un emblematico esempio di religiosità e di cultura barocca .

Il principe, oltre a dotare il monastero di una rendita annua di 190 ducati, si impegnò a portare a termine il nuovo complesso entro quattro anni. Per l'ampliamento della chiesa, che prevedeva un'ampia tribuna la quale, sormontata da una cupola , accoglieva l'altare maggiore, si rese necessario acquistare un'area, adiacente alla chiesa, di proprietà del monastero di S.Paolo, gestito in quel tempo dai padri camaldolesi. 

Per quanto riguarda la confraternita di Monserrato, già nella convenzione del 1614, il principe Camillo, aveva lasciato intendere  buoni propositi nei suoi confronti, purchè si fosse adeguata al decoro del nuovo istituto. Pertanto l’ 1 marzo del 1615 veniva stipulato un rogito nel quale, fra l'altro, veniva concesso alla confraternita, dietro pagamento di un canone annuo, un'area ,accanto alla tribuna della chiesa, dove avrebbe potuto costruire un oratorio adiacente alla cappella.

Il principe Camillo teneva moltissimo al decoro di quel monastero, sia perchè “nella sua sacralità” intendeva istituire le sepolture di famiglia  , sia perchè il luogo in cui sorgeva ,era inserito in un contesto scenografico che si andava arricchendo di elementi degni di rappresentare una famiglia del rango dei Caracciolo. Infatti esso si trovava  vicino al castello e  di fronte al casino di caccia che immetteva in uno splendido giardino da cui ci si inoltrava negli ameni boschi del Parco, ricco di singolare selvaggina.

Purtroppo il principe Camillo non vide realizzati i suoi sogni, in quanto improvvisamente moriva, mentre si trovava a Caravaggio il 15 aprile del 1617.

Nè, d'altra parte , il monastero di S.Giovanni  accolse mai  le sue spoglie e neppure quelle dei suoi eredi, in quanto ,come e ben noto, fu la chiesa di S.Maria del Monte Carmelo ad essere prescelta  dai successori quale "sacrario" di famiglia.

Comunque gli impegni di Camillo vennero onorati dai successori , in quanto il monastero intorno al 1620, fu completato e ,nel capitolo generale del 1621, venne deciso dalla comunità verginiana di elevare il monastero alla dignità di priorato benedettino.

 La morte del principe, comunque, non rappresentò un freno allo sviluppo del monastero, non solo perchè la fabbrica venne portata a termine, ma anche perchè i suoi successori non tralasciarono le cure e le attenzioni dovute. Così quando il priorato venne retrocesso a semplice procura, fu proprio un figlio di Camillo,Tommaso, vescovo di Cirene, ad intercedere perchè, riacquistasse la precedente dignità, il che avvenne nel 1635. A Camillo successe Marino II . Morto precocemente , gli successe postumo Francesco Marino I , che sino alla maggiore età ebbe come tutore lo zio Tommaso. Fu quest'ultimo, in nome del nipote,  ad assegnare al monastero una rendita di 210 ducati.

 

Le varie ristrutturazioni del complesso monastico.

 

Quando agli inizi del ‘600 , per volontà dei Caracciolo,  su disegno dell'architetto Marco Conti, venne portato a termine il nuovo complesso monastico, delle strutture cinquecentesche rimase ben poco.Cercheremo quindi di seguire a grandi lineee quali furono le sorti della chiesa e del convento, per “scoprire” cosa oggi resta delle strutture secentesche.

 

La chiesa 

 

Dopo le ristrutturazioni volute dai Caracciolo agli inizi del ‘600, la chiesa si presentava ad una unica navata e nella parte terminale comprendeva una tribuna con l'altare maggiore sormontata da una cupola. Sul lato sinistro , in successione, si trovava la sacrestia e la cappella di S.M. di Monserrato, dalla quale si accedeva all'Oratorio dell'omonima confraternita, costruito in corrispondenza della tribuna, lungo l'asse Est-Ovest.

 Come si può facilmente constatare , lo stesso "impianto" si ritrova, sia nel disegno eseguito agli inizi del '700 dal P. Don F.M. Orsi , sia nella condizione attuale.

In tre secoli di vita, comunque,  la chiesa subì diverse trasformazioni, fra cui la più evidenteriguarda la facciata: essa perse quei motivi barocchi  appena tratteggiati nel disegno settecentesco dell'Orsi (in particolare ai lati della nicchia centrale due stemmi  uguali, nei quali si intravvedono le armi dei Caracciolo-Rossi di Avellino)  per assumere una forma semplice e lineare.

Nell'interno, nel corso della prima metà del '700, la chiesa si arricchì di diversi altari  :  quelli di S.Nicola di Bari e di S.Giuseppe, realizzati con un "legato" di Marino Caracciolo e soprattutto quello di S.Benedetto, posto di fronte alla cappella di S.M. di Monserrato, per la cui realizzazione fu necessario abbattere, parzialmente, la parete laterale destra della chiesa per ricavare un vano di circa 30 metri quadrati. Ancora oggi se dall’esterno osserviamo il profilo destro della chiesa ci accorgiamo, di una sporgenza in corrispondenza del suddetto altare. Questa cappella, impropriamente detta di S.Guglielmo (fondatore dei benedettini di Montevergine),venne gravemente danneggiata dall'alluvione del 1806, così come l'intero complesso , e venne definitivamente ristrutturata  solo nel 1866 , come testimonia un'epigrafe posta sul pavimento. Non dimentichiamo che la chiesa era "..situata in basso e quasi circondata da un fiumicello..." ; in realtà i fiumi che "circondavano" la chiesa erano due : il Fenestrelle ed il Rio Cupo, quest'ultimo  confluiva nel primo  proprio nei pressi della chiesa, per cui  questa zona era particolarmente a rischio d’inondazioni. Difatti solo 12 anni dopo il restauro della chiesa .un altro evento drammatico ne vanificò in parte gli effetti : l’alluvione del 1878 . Eloquentemente una lapide posta sulla parete d'ingresso dell’oratorio della confraternita ricorda il” livello” raggiunto dalle acque. Comunque, grazie soprattutto alle cure profuse dalla confraternita, la chiesa riuscì a sopravvivere dignitosamente.

 Molti ricordano ancora la vecchia e triste consuetudine di “salutarsi a Monserrato”. Presso questa chiesa infatti si era soliti “sciogliere” i cortei funebri con la pietosa abitudine di porgere le condoglianze ai parenti dell’estinto.

Sono trascorsi venti anni dal terremoto del 1980 ; dopo ripetute segnalazioni , pare che una parte delle numerose opere d’arte sia stata recuperata e messa al sicuro, anche se, per ciò che ci risulta, non ancora è stato programmato  concretamante il recupero delle antiche strutture.

 

 Il Monastero   

 

 

A differenza della chiesa che , pur dopo innumerevoli riparazioni e ristrutturazioni, ha conservato l'impianto secentesco , voluto da Camillo Caracciolo; nel monastero ,così come appare oggi , non è più riconoscibile quello originario , di cui si può avere una idea osservando le piante settecentesche disegnate da padre Orsi..

In effetti, con la soppressione degli Ordini Religiosi  agli inizi dell’800 , il monastero di S. Giovanni venne  abbandonato dai verginiani. Inizialmente i locali vennero utilizzati dal Comune per insediarvi la direzione delle contribuzioni dirette .

 Intanto l'abbattimento dell' “Ospedale Fatebenefratelli “, al posto del quale venne costruito il Teatro ( odierno palazzo Sarchiola), rese necessario trovare una nuova sistemazione per i servizi sanitari e assistenziali. Il Comune ritenne opportuno affidare una parte del vecchio monastero al "Ramo della Guerra" perchè vi sistemasse l'"Ospedale Reggimentale", mentre un'altra parte venne destinata ad "Ospizio Civile". Questa nuova condizione venne ratificata con "Sovrano Rescritto"  il 3 Luglio 1819  .

In realtà, come meglio vedremo in seguito, il Comune non aveva alcun diritto sulla gestione di questi locali.

Intanto gli amministratori dell'ospedale, i quali avevano provveduto a tutta una serie di ristrutturazioni per rendere i locali idonei alla nuova funzione, nel 1825 chiedevano la "Concessione Sovrana" per poter destinare definitivamente il complesso al servizio sanitario.

La richiesta comunque si “imbrigliò” nelle maglie della burocrazia, in quanto si scoprì che non era chiaro a chi appartenessero i locali del soppresso monastero.

In realtà  dopo l'occupazione francese e la successiva restaurazione Borbonica, sulla base del concordato con la Santa Sede, molti beni sottratti alla chiesa ritornarono ai loro legittimi proprietari.La “Commissione esecutrice del Concordato”  intendeva reintegrare i verginiani nel possesso del vecchio monastero di S.Giovanni ,ma costoro  , forse prevedendo l'inevitabile scontro con gli amministratori dell'Ospedale, rifiutarono. Dietro il rifiuto dei verginiani, la commissione ,il 20 ottobre del 1838, assegnò il monastero ai padri Camaldolesi del SS.Salvatore di Napoli . Costoro  con grande determinazione chiesero lo sgombero dei locali, la loro ristrutturazione e anche il fitto retroattivo, perchè i locali risultarono indebitamente occupati.

Le richieste dei monaci, naturalmente, furono rivolte a tutti quegli Istituti che ,direttamente o indirettamente, erano coinvolti nella vicenda. Ebbe così inizio una lunga vertenza giudiziaria che si concluse solo dopo circa otto anni e dalla quale uscirono vittoriosi i camaldolesi, che ottennero lo sgombero dell’ospedale e il richiesto risarcimento.

Dopo la "vittoria" giudiziaria, i Camaldolesi detennero il monastero per solo un decennio, in quanto ,dietro sollecitazioni del vescovo Gallo, fu poi venduto per 1400 ducati al Capitolo Avellinese. Il vescovo ,il 9 maggio del 1858, lo cedeva alle suore Stimmatine per l'erezione dell'"Asilo delle Orfane" .

 Ancora oggi le suore gestiscono il complesso come moderno pensionato per giovani ragazze.

                

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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