Ricordando il dott. Ciccio Acone.
La “vera storia” delle dieci lire di “NDRATTIENI” (Una storia vera).
di ARMANDO MONTEFUSCO
Sono nato , al Corso, nel Palazzo indicato dalla freccia. A pochi
passi , abitava la famiglia Mupo, le fioraie Spagnuolo, la Sartoria di
Alberto Acone, difronte la farmacia Tulimiero, il negozio Arbiter, la famiglia Iandoli e tanti altri. Agli inizi degli
anni ’50 , la strada ed i cortili interni dei Palazzi pullulavano dei
“frutti” del dopo-guerra: stuoli di bambini, organizzati in “pacifiche”
bande distinte per età e ubicazioni, si riversavano in strada gioiosi e
rumorosi, nella consapevole tranquillità dei genitori che non avevano
nulla da temere: circolavano scampanellando solo le carrozzelle e poi
tutti si sentivano investiti del dovere di guardare con scrupolo
paterno e materno quei chiassosi ragazzini. Frequentavano con me il
Cortile di casa , le mie sorelle Ines e Teresa, i fratelli Ciccio e
Carla Acone, le sorelle Anna e Celeste Mupo ed i fratelli Mario e
Tonino Mupo, Nicola e Tino Baratta , Marussina, Marisa, Aldo e tanti
altri di cui non ricordo il cognome. Il più grande di noi non aveva 10
anni , per cui vi lascio immaginare questa “piccionaia”, che se oggi
può dare una piacevole nota di colore , allora era un fastidioso
frastuono che suscitava le ire di Melinda la portiera o del Taverniere
“a fianco” infastidito dalle nostre furtive sortite per bere al suo
fontanino. “Ogni limite ha una pazienza!” avrebbe detto Totò. Quel
giorno d’ estate , mia nonna - “Maria Imbimbo vedova Cannaviello”
com’era solita presentarsi- era intenta al “sacro rituale” delle
conserve alimentari per cui non voleva essere infastidita. Ai più
vivaci assegnò un compito di “grande responsabilità” : andare da
“Alberto il Sarto” a comprare una tela che solo lui vendeva : 10 lire
di “ndrattieni”. Sono certo che i più smaliziati dei lettori penseranno
che questa storia è costruita ad arte “per la ben nota battuta” ma
invece vi assicuro che è verissima (avevamo ca.5 anni) e fortunatamente
c’è ancora chi può testimoniarlo. Investito da “tanta responsabilità”
andai da Alberto a comprare le famose 10 lire di “ndrattieni”. Il buon
Alberto, capita l’antifona, ci assegnò delle sedioline e ci fece sedere
sull’uscio del basso in attesa che si procurasse la stupefacente tela.
Il tempo passava e la tela non arrivava, intanto con me c’era Carla
Acone con dei bellissimi e lunghi capelli biondi: una provocazione.
Furtivamente mi impossessai di una forbice e con la complicità della
stessa Carla cominciai ad accorciare la chioma. Fortunatamente Luigina,
la mamma, se ne accorse e lanciò un urlo. Non ricordo la mia reazione,
ricordo bene quella di Alberto: “ guagliò và da Donna Maria e dicci che
ò ndrattieni e finito !”. Non vi dico quante volte, Alberto, Luigina
Ciccio e la stessa Carla , in età adulta, mi ricordavano divertite
questa ed altre “bravate” consumate nella sartoria di Alberto
Acone.