Franco carissimo,
ho trovato bellissimo il pezzo che mi hai mandato (come già un altro analogo, di qualche tempo fa) : persino qualche punta polemica è stemperata nella dolcezza di un ricordare che finisce per consolare. Si perché, alla fine, ricordare la città passata è dolce perché sono gli anni giovani a tornarci in mente, così fervidi di speranze che nessuna età adulta – pur felicemente realizzata - potrà mai uguagliare in intensità. E allora persino la tua prosa scorre via fluida, dolce e accattivante come i ricordi che ci prendono, e spesso ci aiutano a tollerare un presente affannoso e straniante.
Per alleviare un poco la malinconia che ha preso anche me alla lettura del tuo articolo, ti voglio un poco far sorridere esibendoti i miei ricordi di liceale suscitati dalla rievocazione del “monumento” a me familiarissimo perché abitavo a pochi passi, in corso Europa, alla palazzina successiva a quella d’angolo (dove c’era un indimenticabile biciclettaro, che fittava le biciclette anche per sola mezz’ora, quanto cioè consentivano le magre finanze dei ragazzi d’un tempo; e successivamente l’autonoleggio Benevento, sulle cui scassatissime “cinquecento c” ho più tardi fatto le mie prime prove d’automobilista). Devi dunque sapere che “davanti al monumento” era il luogo in cui, nel tardo pomeriggio, avvenivano tra i compagni della mia classe (ben nove dei quali abitavano tra Corso Europa, via Matteotti, via Ammiraglio Ronca, e salita delle Poste) intensi scambi culturali del genere “tu mi porti la versione di greco e io ti do la parafrasi di Chiare,fresche, dolci acque, tu mi dai gli esercizi di latino (o di matematica) e io in cambio i riassunti dal Principe di Machiavelli, ecc…”; i più ambiti erano i compiti di Elettra Benevento (sorella di Aurelio) e Di Alfredo Valente (nipote dell’omonima professoressa) perché, sempre perfettamente corretti, ti garantivano massima sicurezza all’interrogazione; mentre nei compiti di italiano bastava variare di poco l’incipit, perché il buon prof. Marinari non andava molto oltre…
Invece “dietro il monumento” era il posto in cui, adiuvante un’illuminazione stradale scarsissima nonostante la prospiciente clinica Aufiero, si dava l’appuntamento all’innamorato (o all’innamorata). Io che, a detta della mia povera mamma, ero “ ‘na capallerta”, una volta ho dato l’appuntamento a due ragazzi contemporaneamente ( mi stavano sul…piloro) per lo stesso giorno, alla stessa ora, e poi mi sono goduta lo spettacolo del loro vano e smarrito attendere standomene appostata a una finestra del palazzo d’angolo, quello del biciclettaro, dove abitava la mia amica Anna Maria Santucci (sorella del futuro otorino). E poiché i ricordi sono come le ciliege, che una tira l’altra, ecco che la rievocazione di questa amica, non compagna di scuola ma di “chiesa”, mi fa ricordare l’incanto di certi magnifici mesi di maggio in cui con lei andavo alla chiesa del Rosario dove, nel coro allestito dal domenicano Padre Tommaso, assordavo fervidamente coi miei canti padreterno, madonne e santi vari in feste liturgiche d’ogni genere. Allora ero anche convinta credente, oltre che astutamente impegnata nell’architettare mille scuse per ottenere da mia madre il permesso di …libera uscita, che a quei tempi non si concedeva facilmente.
Vedi come mi ha travolto “l’onda dei ricordi” suscitata dalla tua bella prosa ?
Anna Maria