Con la radiolina

di Fiore Candelmo

foto scattata da Elio Iannaccone - Via Nappi - Avellino

        Papà era diplomato ragioniere e, ai suoi tempi, era un traguardo, laddove i laureati si contavano sulle dita di una mano. Altri tempi si dirà, ed è vero, anche perché, i suoi primi concorsi li vinse tutti e tre, scegliendo infine la sede di Modena, dove iniziò la carriera in Prefettura che lo portò fino alla carica di VicePrefetto ad Avellino.

Oggi è già molto se puoi solo partecipare ad un concorso, insieme a migliaia di altri concorrenti, sperando che la tua raccomandazione sia sufficiente a farti andare avanti il più possibile. Sennò, come è la regola, ci si arrangia.

A Modena papà aveva preso una stanza in affitto proprio sopra il ristorante della Peppa, una signora dal carattere forte quanto il suo fisico, il cui piatto più noto erano i "turtelen", i tortellini, internazionalmente noti anche oggi come un prodotto tipico di quella terra, che la donnona cucinava in molti modi, ma con il brodo e il ragù alla bolognese erano "la morte loro" !. Ristorante che ovviamente lo vedeva cliente affezionato al mattino per la colazione e la sera per la cena.

Una stanza in affitto di un giovane scapolo, che aveva promesso alla fidanzata (mia madre) che sarebbe tornato presto, non appena avesse fatto un pò di soldi per comprare un appartamento, è sempre un pò desolata, e per vincere la "nostalgia canaglia" decise di comperare una radiolina, piuttosto sofisticata, che gli avrebbe consentito di sentirsi meno solo.

Il tempo passa, alla fine papà torna ad Avellino, facendo contento anche il nonno Fiore, compra l'appartamento in Via Cascino, poi abbattuto dopo il terremoto dell'80, sposa mia madre e dopo 10 mesi arrivo io, che nella foto che è qui sopra riprodotta, tra le gambe, ho proprio una radiolina di quel tipo.

Radiolina che, non so bene perché, un giorno smette di funzionare.

Ma in quei mesi iniziano anche le prime trasmissioni televisive regolari, i primi televisori fanno l'apparizione in pochi appartamenti fortunati, e dopo qualche anno anche nel nostro un metro cubo di ferraglia e legno, marca Telefunken, si accende nel soggiorno, per consentire a tutti di godere di Mike Buongiorno e di "Lascia o Raddoppia ?", e questo fa dimenticare completamente la radiolina che non funziona più.

Di andare all'asilo intanto io non ho proprio voglia. Non ci crederete, ma a 5 anni di età, insieme a mia cugina Marika, di quattro, scappiamo dalle grinfie delle monache del "Patria e Lavoro" e ci ripresentiamo soli soli a casa in Via De Renzi (dove nel frattempo ci siamo trasferiti - fatelo ai giorni nostri se ne siete capaci !), soli soli ma molto molto contenti di non aver più a che fare con le "cape di pezza".... e pensare che oggi Marika insegna Religione !

La radiolina resta dimenticata in un angolo del grande salone che dà su piazza Macello, oggi Kennedy, salone semivuoto perché l'appartamento è molto più grande di quello di Via Cascino (perché è arrivato nel frattempo mio fratello più piccolo), ma i mobili sono gli stessi......

Non avendo lo sfogo dell'asilo, e la fuga aveva ben convinto le nostre mamme a non insistere con quella che oggi si chiama scuola dell'infanzia ma allora era solo e soltanto l'asilo, il tempo viene speso o in casa, con i giochi che per la verità abbondano, o nei giardinetti di fronte al portone (vedi), con qualche amico del quartiere.

Quando fuori è freddo, o piove, la seconda scelta è impraticabile. E allora si esplora la casa. E si ritrova la radiolina che non funziona.

Il fatto che non funzionasse non aveva per la verità grande importanza. La televisione, dicevamo prima, catalizzava l'attenzione della famiglia e ben presto la radio era stata messa da parte, dimenticata.

Ma a me interessava molto capire perché la voce non si sentisse più.

Prendo allora cacciavite e pinza da una scatola di attrezzi di papà e mi metto ad armeggiare. Naturalmente la competenza è quella di un bambino di cinque anni, quindi piuttosto limitata, e, seppur alimentata da grande curiosità e molta buona volontà, è pur sempre insufficiente a comprendere la differenza tra positivo e negativo, tra alimentazione, altoparlante, interruttore..... etc.

Certo comunque di aver riparato tutto per bene, con l'intento di  infilarci la spina della radietta, mi avvicino fiducioso alla presa di corrente, non senza aver prima asportato da questa la protezione in plastica che, a quei tempi, la proteggeva dalle fantasie di grandi e piccini di infilarvici dentro qualsiasi cosa sottile e metallica: protezione necessaria perché diversamente dalle prese attuali, che impediscono di inserire un connettore in uno solo dei due buchi, a quei tempi era facile prendere un ferro da calza e ficcarlo nella presa... e prendere la scossa della fase che, a 220 V, non è affatto gradevole e talora pericolosa.

Superata la barriera di questa protezione (chissà se ne conservo ancora qualche esemplare da qualche parte....), fece seguito uno scoppio fragoroso e una bella fiammata, segno che forse l'esperienza di radioriparatore era ancora insufficiente, e l'urlo di terrore di mia madre che si precipita dalla cucina nel salone a vedere cosa fosse successo: mi trova ancora con la radietta tra le mani, seduto e confuso, anzi piuttosto spaventato, per la conclusione ignobile della riparazione, e salvato solo dall'automatico, scattato a staccare la tensione in casa !